PENSIERI DA LOCKDOWN 3

LE COSE SI DIVERTONO

di Giuseppe Alù

Le cose si divertono.  L’ho capito da qualche tempo. Non sembra, ma è così. Mi cade il tappo della bottiglia, rotola rotola e si infila sotto il divano in fondo vicino al muro. Non posso tenere una bottiglia di acqua minerale gassata senza tappo e quindi mi infilo sotto il divano con un bastone, recupero il tappo, lo lavo e lo avvito alla bottiglia. Mi cade inavvertitamente un piccolo chicco d’uva. La  stanza non è piccola. Dopo qualche istante sento qualcosa che mi fa scivolare una pantofola. Questa volta il chicco si è fermato al centro del pavimento. Lavo la macchia in terra, lavo il fondo della pantofola e, saltellando, vado in cerca del posto  dove dovrebbero  essere le pantofole di riserva. Insomma loro si divertono.

Oggi si è divertita la parete del soggiorno. Mi sono alzato dal divano dopo un’ora di televisione, mi sono accostato alla parete con l’intenzione di appoggiarmi ad essa per riprendere un po’ di equilibrio dopo l’immobilità prolungata e la parete si è “scansata”. Non me ne sono accorto se non quando ho sentito che alle mie spalle non c’era il muro che mi aspettavo. Sono rovinato a terra con un certo fracasso. I miei 92 chili non si gettano sul pavimento senza una  qualche teatralità. Nella caduta ho portato con me solo un vasetto di una pianta grassa, ma il vasetto di ceramica non si è rotto, limitandosi a spargere generosamente terriccio tutto intorno. La caduta è durata una frazione di secondo, così almeno mi è parso, e mi sono trovato a terra lungo disteso con un braccio accortamente steso per non tenerlo pericolosamente sotto il mio corpo. La prima cosa è stata verificare con calma  i danni. Ho qualcosa di rotto? Ma no! Le gambe? A posto. Le braccia? Anche. Allora tutto in ordine? S’, comandante! Rimani un po’ fermo, tranquillo. Rimango. Poi alzarsi! Bene!

Io ho brevettato tempo fa un sistema di rialzamento in caso di cadute accidentali. Mai cercare di sollevarsi  spingendosi in avanti come verrebbe spontaneo. Mai tentarlo se non si ha a portata di mano una presa forte (mai un lavandino perché si stacca), comprovato che questo metodo non è consigliabile. Invece – ecco il mio brevetto – mettersi bocconi, sollevarsi sulle ginocchia, appoggiare le braccia su una sedia o, come nel mio caso, sul divano e tirarsi su con calma. Ok. Passata in rassegna la procedura, ho cercato di metterla in atto seguendo con cura tutti i passaggi e mi sono ritrovato dignitosamente in piedi.

Ho guardato con una certa superiorità la parete ipocrita che da parte sua sembrava non essersi mossa e rimaneva lì con l’aria più innocente di questo mondo. Mi sono chinato – diciamo non proprio agilmente – per raccogliere con la scopetta e la paletta la terra della pianta grassa, ed ho bevuto mezzo bicchiere di acqua fresca. Ho ripreso volentieri la posizione seduta sul divano e ho gettato un ultimo sguardo al muro con signorile indifferenza: da bambino gli avrei fatto la linguaccia, ma l’età avanzatissima me lo ha impedito. Questa volta si era divertito, ma non abbastanza. Però che non ci riprovasse più.  So perdonare, quando non ho danni.

Giuseppe Alù ha pubblicato La contessa Marianna, Mondadori 1989; Storia e Storie del Risorgimento a Treviso, Edizioni Galleria 1987; Lo scritto e il sigillo Raccolta di poesie 1971 – 1981; Tedeschi Quadretti di una esposizione, Asterios 2018.

PENSIERI DA LOCKDOWN 3ultima modifica: 2021-03-04T07:19:45+01:00da helvalida
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