SUDAFRICA 2

di Nicola De Veredicis

IL TRANSVAAL

 JOHANNESBURG

      Il Transvaal, come dice il suo nome, è “La terra al di là del Vaal” (il fiume Vaal).

I primi colonizzatori provenienti dal Capo, che nella prima metà dell’ 800 viaggiavano su carri trainati da buoi, trovavano in questo fiume un ostacolo quasi insormontabile: esso è largo più o meno quanto il Tevere e lungo circa 1100 chilometri.

Ma quella barriera fluviale diventò un’inezia quando, nel 1886, l’oro fu scoperto nella zona di Johannesburg. Arrivarono a frotte. L’oro affiorava sul terreno, a quintali. In un batter d’occhio sorsero città come Johannesburg e Pretoria. La zona aurifera più ricca del mondo.

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Quest’oro, insieme a platino, argento, rame, uranio e diamanti, ha fatto del Sudafrica il Paese più ricco del Continente. Un Paese che, quando lo visitai per la prima volta nel 1985, mi sembrò più moderno dell’Europa. Grattacieli, autostrade, abitazioni e auto lussuose colpirono un incredulo viaggiatore che si aspettava di trovare i leoni per strada. “Ma questa non è Africa!” esclamai. E infatti non lo era, in quegli anni. Oggi purtroppo è un’altra cosa, siamo tornati a Bongo Bongo.

La scoperta dell’oro portò all’incredibile arricchimento dei possessori delle miniere. Le Mining Houses, proprietarie di ricchezze inimmaginabili, fecero a gara nel costruire le sedi più prestigiose. Questo fece sì che Johannesburg diventasse una città lussuosa, con edifici stravaganti e in art déco.

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Poi, man mano che si scavava, l’oro diventò più difficile da estrarre e le miniere sempre più profonde. Oggi ci sono miniere, vicino a Johannesburg, che raggiungono profondità di 4,3 km.

Una volta il mio lavoro mi portò in una di esse, per eseguire delle misurazioni di peso. Scesi in una gabbia di ferro di circa 2×3 metri, insieme ad una ventina di minatori. Era buio pesto, e la gabbia scendeva a tutta velocità, con un rumore assordante. Arrivati in fondo, mi trovai in un mondo inaspettato. Gallerie enormi e spaziose, illuminatissime. Prima di scendere credevo che avrei sofferto di claustrofobia, ma l’aria condizionata e la luce abbondante mi tranquillizzarono. Toccai le pareti, erano calde. Beh, tutto sommato, un posto non troppo spiacevole. Dopo un paio d’ore finii il mio lavoro, e andai ad aspettare l’ascensore per la risalita. Aspetta e aspetta, niente. Forse un guasto? Le notizie giù in fondo alla miniera non arrivano, non c’è modo di ricevere segnali radio attraverso tutta quella roccia. Dopo un po’ sentii un boato, accompagnato da un piccolo terremoto. Guardai allarmato i tecnici della miniera, ma loro sorrisero e mi dissero di non preoccuparmi, i dissesti causati dagli scavi provocano mini-terremoti quotidianamente. Di colpo mi resi conto di essere 4 chilometri sotto terra. Quattromila metri! E l’ascensore non arrivava! Pensai che avrei fatto la fine del topo. Ma dopo un bel po’ (almeno un paio d’ore, che mi sembrarono anni), finalmente sentimmo il rumore dell’ascensore in arrivo. Apparentemente c’era stato un guasto, e la gabbia si era incagliata da qualche parte, ma la fune di acciaio aveva retto. Dopo un quarto d’ora di risalita finalmente ne venni fuori: il sole non mi era mai sembrato così bello.

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Pur essendo ancora la città più grande e più ricca del Sudafrica, Johannesburg ha sofferto di una terribile decadenza negli ultimi vent’anni. Da quando, cioè, il potere politico  è stato preso dalla maggioranza nera. Il centro cittadino è stato invaso da bande di disoccupati e criminali che si sono insediati abusivamente negli antichi palazzi, e tutte le attività commerciali hanno dovuto abbandonarli per forza di cose. Nessun bianco si avventura più in quella zona, oggi divenuta una delle più pericolose al mondo, dove imperano povertà, prostituzione e droga.

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Ci vorranno anni, prima che Johannesburg ritorni al suo antico splendore. Se ne avrà la possibilità.

PRETORIA

Pretoria sorge a pochi chilometri da Johannesburg, ma è un mondo completamente differente. Mentre a Johannesburg si parla prevalentemente Inglese, qui si parla Afrikaans, la lingua dei Boeri. È una lingua molto simile all’Olandese, da cui deriva.

Pur essendo la capitale del Sudafrica, Pretoria è una città molto rilassata, quasi sonnolenta rispetto a Johannesburg; retrograda, conservatrice, di spiccata mentalità colonialista. Ai tempi dell’Apartheid (fino a 30 anni fa) era proibito ai neri abitare in città, dunque ogni sera Pretoria si svuotava della sua popolazione nera (cameriere, giardinieri, lavoranti, commessi), che si riversava nelle baraccopoli circostanti, e rientrava in città il mattino dopo.

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Qui i bianchi, nonostante l’inferiorità numerica e sociale in cui versano nel nuovo Sudafrica, vengono ancora chiamati “baas” (boss, padrone). Alcune abitudini sono dure a morire.

Pretoria è chiamata la “Jacaranda city” per l’abbondanza di alberi di jacaranda, che in primavera tingono la città di violetto. La primavera coincide con la stagione delle piogge, e la pioggia fa cadere a terra molti dei fiori formando un tappeto, quindi si passeggia nei lunghi viali letteralmente immersi nel viola. Una sensazione  magica.

Pretoria è sede del Parlamento, il quale si riunisce negli Union Buildings.

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Union Buildings

t11La residenza del Presidente è a un paio di chilometri di distanza dagli Union Buildings.  Molto vicino a casa mia, circa 300 m.   A questo proposito ho un singolare ricordo.

Circa otto anni fa avevo due cani, Otto, un alano, e Felix, un labrador (Felix è ancora con noi). Dietro  casa c’è una collinetta, e a volte lasciavo i cani liberi di scorrazzare su e giù per la collina, a caccia di conigli (non sono mai riusciti a prendere niente, ma almeno avevano il piacere della caccia). Una sera non tornarono a casa. Aspettai fino alla mattina dopo, niente. E niente per il resto della giornata. Misi un annuncio sul giornale, su Facebook, cartelli per strada con foto e ricompensa. Niente per tre giorni.

Dopodiché un amico di Grace, la nostra cameriera, il quale era uno degli autisti del Presidente, le disse che aveva visto i due cani nella proprietà presidenziale. A quel tempo il presidente era Jacob Zuma, il più gran figlio di p… che il Sudafrica abbia mai visto. Ha rubato miliardi, lasciando il Paese in dissesto.

Con l’amico di Grace entrai nella residenza presidenziale, ed ecco che, proprio sul verdissimo prato della casa di Zuma vidi i miei due cani, i quali erano rimasti intrappolati nella proprietà (la sorveglianza era severissima, come avessero fatto ad entrare è rimasto un mistero). L’autista mi intimò di fare in fretta, perché Zuma “non sopporta i bianchi”. “Il sentimento è reciproco”, risposi. Sulla soglia del palazzo c’era… Zuma in persona, che mi osservava a braccia conserte. Mi affrettai a far entrare i cani in macchina e tagliare la corda, anche perché nel bel mezzo del prato avevo visto, inconfondibili, un paio di montagnette che dalle dimensioni riconobbi immediatamente come regalini di Otto. Beh, Zuma meritava questo ed altro.

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Felix e Otto

Il passatempo preferito dei pretoriani, e dei sudafricani in genere, è il “braai” (barbecue). Al weekend amano riunirsi attorno ad una grigliata bevendo birra e conversando dello sport nazionale, il rugby. La carne in Sudafrica è di ottima qualità.

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Un altro passatempo nazionale è l’escursionismo (“hiking”), lunghe passeggiate nelle campagne e nei boschi.

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Uno sport popolare è il bowling, che viene giocato nei club da giocatori rigorosamente vestiti di bianco.

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Ma i tre sport nel cuore dei sudafricani sono: il rugby (per i bianchi), il cricket (per il bianchi e per gli indiani) e il calcio (per i neri). Spontanea apartheid.

 

SUDAFRICA 2ultima modifica: 2021-03-13T18:28:43+01:00da helvalida
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2 pensieri su “SUDAFRICA 2

  1. Interessante e tanto piacevole da leggere. Le esperienze personali sono sempre i modi migliori per comunicare fatti ed emozioni. Nel Sud Africa, da quello che leggo, ci sono Inferno, Purgatorio e Paradiso. Un paese direi a forti tinte, dalle miniere profonde oltre 4 chilometri (!) alle strade che si coprono di tappeti viola dei petali delle jacarande, dai quartieri colonialistici oggi per contrappasso vietati ai bianchi allo “hiking”, le lunghe passeggiate nelle campagne e nei boschi. La mia idea è che un paese simile (penso anche all’Australia) offre ancora oggi un’occasione straordinaria per un giovane coraggioso e intraprendente. A me basta godermi le descrizioni del Nicola e sognare possibilità altrui.

  2. Caro Giuseppe, sono contento che il mio racconto ti sia piaciuto. Riguardo ai paragoni, parlerei piuttosto di Inferno e Paradiso esclusivamente. Il nome “Purgatorio” implica un cambiamento a fin di bene, che qui purtroppo non vedo.
    Ma torneremo sull’argomento.
    Ti ringrazio ancora, e a risentirci presto.

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