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SUDAFRICA 6

IL KALAHARI E LA NAMIBIA

di Nicola De Veredicis

Il seguente racconto è, per la maggior parte, la cronaca di un viaggio in Namibia fatto nel 2015.

Il nome “Kalahari” deriva dalla parola Tshwana “Kgala”, che significa “grande sete”. È una savana semidesertica che copre tutta la parte Ovest del Sudafrica, del Botswana e della Namibia.

Ha una superficie di 900 000 chilometri quadrati, circa tre volte l’Italia.

Kalahari

È la parte più selvaggia dell’Africa Australe, ma per molti la più bella. È possibile guidare per giorni interi sulle sue strade  sterrate, senza mai incontrare anima viva. E i colori sono stupefacenti.

Nella foto si può vedere sulla sinistra un enorme nido di uccelli, un “condominio” nel quale coabitano centinaia di weavers, in italiano “uccelli tessitori”.

Una zona molto spettacolare del Kalahari è il Namaqualand, che in primavera si ricopre letteralmente di fiori multicolori.

In primavera (Agosto e Settembre), se si gira in auto nel Namaqualand è possibile sintonizzare la radio su una stazione che informa in quali zone in quel giorno è possibile vedere una spettacolare fioritura, e addirittura di quale tipo di fiori.

Dal Namaqualand, passiamo in Namibia. Qui ho un ricordo della dogana, piuttosto vivace.

Una volta andavamo in automobile in Namibia, io, mio fratello e i miei due ragazzi. Avevamo portato con noi un po’ di legna per fare un barbecue una volta arrivati al campeggio. Passiamo la dogana sudafricana senza problemi. Arrivati a quella della Namibia, un funzionario mi ferma e mi dice con arroganza che è proibito trasportare legna dal Sudafrica in Namibia, credo per motivi ecologici. “Allora la lascio qui”, dico io. “No, devi riportarla alla dogana sudafricana”. OK, d’accordo. Un chilometro più indietro. Provo a fare un’inversione ad U, ma quello mi si para davanti. “Non vedi che c’è la striscia continua?” mi urla. “D’accordo, e io che faccio?” rispondo, “Me la faccio a marcia indietro fino al Sudafrica?”. “Non mi interessa” fu la risposta. Allora non ci vidi più, feci l’ inversione letteralmente sui suoi piedi, e tornai a tutta velocità verso il Sudafrica. Lì lasciai la legna, e tornammo verso la Namibia. Mio fratello e i ragazzi  avevano paura che ci arrestassero. Arrivati alla dogana namibiana, mi ritrovo davanti il figuro di prima,  mi aspettava per darmi ciò che “meritavo”. Ma 20 metri davanti a me, vedo che avevano sollevato la barriera per far passare un’altra macchina. Non ci penso due volte, accelero e mi accodo all’altra macchina prima che potessero chiudere, entrando trionfalmente in Namibia. Penso che mi stiano ancora cercando da quelle parti.

La zona costiera al confine tra Sudafrica e Namibia ha una particolarità piuttosto interessante: è letteralmente ricoperta di diamanti. Non c’è neanche da scavare, si vedono a fior di terra. In certe zone particolarmente ricche, la De Beers (la quale ha la concessione per l’intero territorio) ha addirittura ricoperto di cemento il terreno e la spiaggia per decine di chilometri, al fine di evitare che tutti possano fare man bassa, con conseguente crollo del prezzo internazionale. È zona interdetta al pubblico, e le guardie sparano a vista.

Un po’ più a Nord del confine, lungo la costa, c’è la città di Luderitz. Fu fondata dai tedeschi, i quali furono i colonizzatori della Namibia dal 1884 al 1915. Trattarono la comunità locale con incredibile crudeltà, schiavizzando gli indigeni e compiendo genocidio sulle tribu’ che non si sottomettevano. I crani delle vittime venivano spediti in Germania per “ricerca scientifica”. Le due popolazioni Herero e Nama vennero più che dimezzate.

A poca distanza c’è la città fantasma di Kolmanskop, un tempo centro minerario per i diamanti, oggi abbandonata e invasa dalla sabbia.

Proseguendo verso il nord si arriva a Sossusvlei, una pianura fatta da un ex lago salato, ora prosciugato, circondato dalle dune di sabbia più alte del mondo (fino a 385 metri). Gli alberi sono pietrificati.

La duna più alta del mondo (385 m)

(notare la grandezza delle antilopi rispetto alla duna)

Quello sotto l’albero è mio fratello Mario.

A nord di Sossusvlei la strada è completamente sterrata, molto spesso ricoperta totalmente di sabbia. Avevamo una 4×4, quindi nessun rischio di impantanarci; ma a un certo punto bucammo una ruota. Ci accingemmo a cambiarla, ma il crick affondava nel terreno soffice.  Cercammo una pietra da inserire sotto il crick, niente da fare. Non c’era una pietra abbastanza larga, c’erano solo sabbia e pietruzze. Ci allontanammo alla ricerca della pietra, cercammo per ore. Ormai si stava facendo buio, e la prospettiva era di passare la notte nel deserto. Vidi qualcosa muoversi non molto lontano da me. Pensai ai cani selvatici e agli sciacalli, piuttosto frequenti di notte in quella zona. Per fortuna si rivelò un’antilope, probabilmente incuriosita. Era ormai notte quando mio figlio Mark tornò trionfalmente con una grossa pietra piatta. Cambiammo la ruota in men che non si dica, e per nostra grande fortuna dopo solo una decina di chilometri trovammo un campeggio, con annessa vendita di pneumatici. Per precauzione, ci portammo appresso la pietra per tutto il resto del viaggio, e la conservo ancora oggi per ricordo.

La pietra salvatrice

Proseguendo verso nord si arriva allo Spitzkoppe (in tedesco: testa appuntita), un massiccio di granito attorno al quale abbondano minerali quali quarzo rosa, onice, agata, acquamarina. Basta chinarsi per riempirsi le tasche di una piccola fortuna in pietre dure.

Spitzkoppe

Non molto lontano dallo Spitzkoppe si trova Walvis Bay, un posto sull’ oceano dove le dune di sabbia incontrano le onde. L’accostamento di due immensità come il deserto e l’oceano è di una bellezza da mozzare il fiato.

Questa nella foto è Elena, una mia nipotina.

Proseguendo verso nord, si arriva alla Etosha Pan. Questo enorme lago salato (grande circa 30 volte iI lago di Como) attrae innumerevoli animali tra cui elefanti, giraffe, zebre, antilopi.

In questa zona vivono gli Himba, un popolo selvaggio e fiero, il quale rifiuta di avvicinarsi alla nostra “civiltà”, e vive di agricoltura e caccia. Per difendersi dagli insetti si ricoprono il corpo di grasso e ocra, la quale conferisce loro una colorazione rossastra. Le donne Himba sono famose per la loro bellezza.

Donna Himba

Al ritorno verso il Sudafrica, la Namibia ci regalò un tramonto degno di nota.

 

SUDAFRICA 6ultima modifica: 2021-04-16T13:34:54+02:00da
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