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BOSCH

HIERONYMUS  BOSCH

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Musica di Igor Stravinsky: da “L’uccello di fuoco”

Le immagini del video sono tratte dal “Trittico del Giardino delle Delizie” e dal “Trittico del Giudizio Universale”

Hieronymus Bosch è un mistero. Di lui si ignora quasi tutto, a partire dalla data di nascita. Nessun episodio saliente, nessuna frase famosa, cosa che in un periodo di continua condivisione, qual è il nostro, ce lo rende lontano. Ma si tratta di una prospettiva dettata dagli schemi odierni. In realtà Bosch parla diffusamente, anzi grida un messaggio di fuoco, di dolore e di umori. “Umano, troppo umano”, avrebbe detto Nietzsche.

Questo gran parlare, tuttavia, non rende trasparente il suo linguaggio. La sua opera non è facilmente accessibile e non si presta ad interpretazioni univoche.

Lo spettatore che si trova per la prima volta davanti a un dipinto di Hieronymus Bosch prova innanzi tutto l’angoscia di sentirsi assegnare un compito tremendo: una serie di vignette gremite con molti episodi da districare, interpretare, decrittare. Più che un’emozione, la promessa di un lavoro pesante. Poi è sconcertato dalle atmosfere ambigue. Ambienti onirici, contrassegnati dall’eccesso mostruoso, con una totale assenza di censura: le immagini sono scandalose e trasgressive.

È improbabile attribuire alle opere di Bosch una committenza religiosa, anche se i temi della sua narrazione pittorica attingono alla Bibbia: la Creazione dell’Uomo, la Cacciata dal Paradiso Terrestre, il Peccato e la Punizione. Bosch coltiva questi argomenti, li approfondisce e li ripropone, li fa interamente suoi, fino a prescindere dal loro significato originale. Essi divengono il suo personale racconto, esattamente come altri uomini parlerebbero dell’amata, del primo figlio, dell’eterno alternarsi delle stagioni.

La Creazione dell’uomo e della donna sono i pochi momenti sereni, ma si sente che non appartengono alla vena più autentica dell’artista. Sono solo  l’inevitabile premessa della narrazione centrale: l’Errore, il Peccato, e la serie multiforme di tormenti da infliggere per aver peccato. La Punizione: eterna, implacabile, ossessiva. Si spalancano per l’uomo le porte dell’inferno e l’incubo, il terrore e persino una grottesca irrisione dominano la scena. È lì che Bosch ci vuole portare. Le immagini non sono catarsi, ma rigurgito sempre vivo di un malessere senza fine.

Il Sesso è un tema fondamentale dell’opera di Bosch. È il suo rovello. Un sesso filtrato attraverso fantasticherie morbose; forse, attraverso tendenze sadomasochiste e sodomitiche; sempre, attraverso i sensi di colpa derivanti dai codici insormontabili della religione cristiana.

Qualcuno vede nel “Giardino delle delizie” il paradiso perduto. È difficile aderire a questa tesi. I giovani che cavalcano ogni tipo di animale in una corsa sfrenata non sembrano felici. Il sesso li seduce con le sue lusinghe ed essi vi si abbandonano, ma hanno coscienza del peccato. Allo spettatore appartenente ad un’altra zona d’Europa – quella del Mediterraneo – fanno venire in mente altre leggende e rappresentazioni, quelle dei Proci che gozzovigliano nella casa di Ulisse. Ma  sappiamo come andrà a finire.

Anche quei giovani lussuriosi finiranno come i Proci, anzi molto peggio: bolliti in pentola, scorticati, infilzati, seviziati, costretti alle azioni più degradanti, tormentati da mostri e bestie immonde. Con particolare attenzione alle natiche, indagate e violate con ogni tipo di attrezzo. Mentre cavalcano, quei giovani  presagiscono la loro sorte, per questo non sembrano felici.

Nell’Odissea il ritorno di Ulisse rappresenta il prototipo dell’intervento dell’“eroe”, in vista di un giusto equilibrio delle vicende umane. L’inferno di Bosch, invece, sgomenta e disgusta, inquieta e non risolve.

Il peccato più imperdonabile dell’uomo è la lussuria. Non che gli altri vizi non siano puniti, anzi un’opera del maestro è dedicata ai Sette Vizi Capitali. Ma il sesso è il male dei mali. Quello che porta a desiderare una donna rappresentata come Eva nel pannello di sinistra del Trittico delle Delizie. Ha gli occhi bassi, è vero, e mantiene un atteggiamento pudico, ma la linea dei fianchi è sensuale ed invitante per qualunque uomo sano.

Ci si chiede a che pro quella profusione di bellezza se non se ne può godere. Un Dio crudele avrebbe condannato uomini e donne ad un eterno supplizio di Tantalo, per poi punire la trasgressione con un inferno infamante, dove è vietata perfino la pietà per il dolore. Un inferno che si risolve in crudeltà cieca e insanabile. Che non lascia spazio al pianto, al sentimento, alla poesia. Lontanissimo da quello di Dante.

Bosch sembra raccontarci lo strazio di un inferno cristiano, mitologico e popolare, governato dallo strapotere del diavolo. Ma accanto a questo inferno ce n’è un altro, “esagerato”, prodotto dalla sua mente dove la fantasia esplosiva e lucida si confonde con quell’inconscio di cui parlano gli psicoanalisti.

Questo miscuglio genera infinite chimere, come fuoriuscite da una produzione in serie di pezzi sempre difformi. La realtà non è vista nella sua regolarità ma si frantuma e si aggrega in una libertà di composizione che con quattro secoli di anticipo ha fatto parlare di surrealismo.

Non si tratta della deformità simbolica, come quella riscontrabile nei volti dei popolani che accompagnano Cristo nella sua Via Crucis. Lì è evidente l’intento di rappresentare la bassezza d’animo, l’insensibilità, il ghigno grossolano. Nel mondo di Bosch si tratta invece di una deformità pervasiva e sconvolgente, che dilata e complica la realtà visiva, che rende ridondanti e “mostruosi” i fiori e le foglie, i frutti, gli insetti, gli uccelli e le rocce. Una realtà gelatinosa e grondante umori, un film horror. E non sappiamo perché. Forse è proprio l’inferno che esce dai suoi legittimi confini e invade il mondo. Forse non c’è altra realtà. I colori violenti e il ritmo concitato fanno il resto: si ha voglia di dire basta e si continua a guardare, affascinati e scontenti.

Le creazioni visive di Bosch sono meraviglia ed incubo: la linea di confine non è netta. Forse sono proiezioni del suo inconscio, forse farneticazioni della sua mente. Forse soltanto un grido di dolore.      

Anna Murabito     alimarbit@yahoo.com

BOSCHultima modifica: 2021-02-28T12:00:07+01:00da
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