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TRAMONTI

TRAMONTI

di Anna Murabito

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Musica di Gustav Mahler: “Adagietto” dalla Quinta Sinfonia

Sono uscita in terrazza per il tramonto. Prima avevo pensato: “Me ne frego degli uccelli e delle fate, non lo guardo neanche”. Ma poi ho visto in cielo una strano pennuto con le ali rosa lunghe come lance del Giudizio Universale, un angelo abnorme e snellissimo e sono uscita nel freddo.

L’inverno mi ha dato un pugno nello sterno e il vento ha oltrepassato per qualche secondo la barriera soffice del pullover, ma il tramonto è stato mio: tre scatti, di cui però l’ultimo attraverso i vetri, nel tepore della casa. Un tramonto livido e lilla che assomiglia a un’aurora boreale senza verde.

I miti inverni del Sud sono una favola. La neve è vicina e anche l’Etna trema, forse per scrollarla via. Le sputa addosso cenere grigia, vaporizzando la sua rabbia. C’è molto freddo. Che me ne faccio di questi tramonti? Ho il cellulare pieno di tramonti indecorosamente romantici. Mi illudo di vivere meglio con tutto questo colore di passione a portata di mano.

Forse dovrei bere un the caldo. Ma nell’ultimo periodo il the non mi piace più. Da ragazza lo associavo all’amore. Mentre i miei coetanei fumavano erba io bevevo the, assai meno trasgressivo. Adesso, dopo due tre sorsi mi disgusta, sarà per il latte. Preferirei una sigaretta o del vino bianco secco. Cerco qualcosa fuori di me, una banale manovra diversiva, un antidoto a buon mercato, vitamine per il mio io affardellato di stanchezza.

E accumulo tramonti insensati. Li classifico, quasi. Ci sono quelli estivi e implacabili nella loro astratta fissità: vivono di sfumature e trasparenze che sembrano dilatare, prima della notte, la consistenza serica del cielo. Ci sono quelli autunnali e invernali, antropomorfizzati dalle nuvole e dalla fantasia: sono i più belli, con la loro ferocia di ferro e di fuoco. E quelli primaverili imprevedibili, a volte con un orlo d’oro intorno alla sagoma delle nuvole temporalesche. I poeti si divertono con i tramonti e forse il ponente di Borges, “in piedi come un arcangelo” li batte tutti.

Accumulo anche foglie verdi lucide e carnose. Bicchieri di Murano. I colori nascosti del giorno, quando vengono messi a nudo dalla nebbiolina bianca e luminosa che accende di diamante la natura e i vetri delle case. Colleziono tutte queste cose di difficile presa, cose complicate e inutili. Accumulo note tenui come il grigio che sfuma nell’azzurro e nasconde i lutti del cuore, fa splendere la vita in un ricordo di déjà-vu perlaceo. Illusoria promessa di reiterazione, anche solo dell’indomani. Un piccolo giorno come oggi.

Sento i rintocchi della solitudine, proprio ora che le carezze di molte mani sembrano scampanare a festa intorno a me. Dovrebbe essere Pasqua, ma è Quaresima. Forse, quando hai conosciuto il colore viola, ti rimane addosso come una stoffa che continua a stingere sulla pelle.

Ora il tramonto è diventato una poltiglia fangosa con un punto di luce rossa che va a morire. La luce non tocca più la jacaranda. L’immane jacaranda alta dodici metri che da piccola è stata legata con una corda al balcone per paura che le tempeste di vento la sradicassero. Ne parlo come di un cucciolo. Che io sia sua madre, in incognito? Magari un albero generoso e forte che si è rincarnato in donna “viola”? E ora, se dovesse continuare la catena delle reincarnazioni, cosa potrei diventare? Magari un violoncello. Sarebbe regredire. O forse un concerto per violoncello. E questo non sarebbe regredire.

Forse una maga. Capace di legare i tramonti con una corda per non farli annegare nella notte. Capace di uccidere il viola e sentire solo il calore del rosso e il profumo delle arance.

Anna Murabito     annamurabito2@gmail.com

TRAMONTIultima modifica: 2021-03-19T18:47:26+01:00da
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