COLONIALISMO E APARTHEID

Panchine

Panchine davanti al tribunale a Cape Town – Oggi meta dei turisti

COLONIALISMO E APARTHEID

di Nicola De Veredicis

Vorrei dire qualcosa a proposito del colonialismo, considerato che vivo in Sudafrica da 35 anni, e dunque ho visto da vicino sia il periodo dell’Apartheid che quello susseguente.

Quando arrivai qui (1985), il Paese filava perfettamente. Era una potenza mondiale, il Rand era più forte del Dollaro, vendevamo oro, uranio e diamanti a tutto il mondo. Avevamo un’industria siderurgica, miniere e un’agricoltura fiorente. Io trovai lavoro nel CSIR (al tempo il corrispondente del CNR italiano), e c’erano fior di scienziati da ogni parte del mondo. Eravamo all’avanguardia mondiale in parecchi campi: in campo aeronautico (alcuni aspetti), medicina (trapianti), scienza dei materiali, estrazione di petrolio dal carbone, ricerche sulle miniere (le più profonde del mondo), sull’Antartide, sugli allevamenti e le coltivazioni nel deserto. Eravamo un Paese di cui essere fieri. La disoccupazione era al 9.8%. Gli studi per i neri erano gratuiti. E la scuola funzionava.

D’accordo, c’erano i gabinetti pubblici per i bianchi e quelli per i neri. Circa una settimana dopo il mio arrivo, entrai in un supermercato. E passando davanti ai servizi, mi accorsi con stupore che ce n’erano di quattro tipi: bianchi maschi, bianchi femmine, neri maschi, neri femmine.

E purtroppo, non era solo questione di gabinetti.

Bene, veniamo ad oggi, 23 anni dopo che i “malvagi bianchi” sono stati allontanati dal potere. Il Rand è a meno di un quindicesimo del dollaro. La disoccupazione al 38 %. L’economia è disastrosa, la corruzione rampante. La scuola non esiste più, tutti promossi. Chiusa l’industria siderurgica, e molte miniere. Il CSIR è un parcheggio per neri nullafacenti, la ricerca è finita. Delinquenza in costante aumento. Le farms assaltate, i farmers trucidati (spesso dopo tortura). Un inferno, in confronto al passato.

Parlo spesso con i miei impiegati neri (ho una fabbrica di bilance), e tutti loro concordano nel dichiarare che oggi siamo governati da una banda di ladri, e loro (i neri) stavano molto meglio 35 anni fa, sotto la famigerata Apartheid.

Qual è il significato di Apartheid? Due popoli che restano “a parte”, vita e sviluppo separati. L’ idea è questa: visto che non siamo assimilabili (per cultura, usi, civiltà) restiamocene separati, almeno per il momento. Voi avete il vostro re (King Goodwill Zwilethini, re degli Zulu morto da poche  settimane, compianto dalle sue sei mogli e 23 figli), i vostri capi tribu’. Noi abbiamo il presidente. Voi mangiate il vostro cibo, noi il nostro. Voi non credete nella medicina occidentale, vi fate curare dal “sangoma” (stregone), noi abbiamo gli ospedali. È sintomatico il fatto che buona parte degli ospedali attivi nel periodo dell’ apartheid sia oggi letteralmente in sfacelo, è addirittura pericoloso farsi ricoverare.

Non si può cambiare un popolo nel giro di qualche decennio. Ci vogliono centinaia, migliaia di anni. Ammesso, poi, che sia necessario cambiarlo. Ammesso che si possa dimostrare che il medico curi meglio del sangoma. O che un presidente democraticamente eletto sia meglio di un re con sei mogli, che se vuole prendersi uno sfizio con tua moglie o tua figlia, ne ha tutto il diritto.

L’Apartheid era malvagia, discriminatoria, d’accordo. Ingiusta, certamente. Ma, guarda caso, a quei tempi nessuno moriva di fame. È meglio essere liberi e indipendenti, se non puoi mantenere te stesso e i tuoi bambini? E non è colpa del Coronavirus, stiamo bene attenti. Qui la situazione ha cominciato a deteriorarsi immediatamente dopo la caduta del regime bianco, trenta anni fa. Per fortuna all’inizio c’è stato Mandela, che teneva la situazione sotto controllo. Poi Mandela passò a miglior vita, e il presidente diventò Thabo Mbeki. Un essere ignavo, inutile ma non maligno. Ma non durò molto. L’ANC (African National Congress), il partito in carica, pensò bene di farlo dimettere, sulla base di non so quale accusa (inventata), e al suo posto subentrò Jakob Zuma. E questo fu il principio della fine.

Da 12 anni a questa parte il Sudafrica è stato letteralmente dissanguato. Deprivato delle sue ricchezze, oro, diamanti, minerali, carbone, tutto venduto e portato fuori dai privati, versato in banche compiacenti. Tanto che oggi si parla di “State Capture”, cattura dello Stato, da parte di Zuma e dei suoi numerosi sodali. Hanno rubato tutti a più non posso, direttori di banca, di miniere, dei telefoni, dell’elettricità, della South African Airways.

Un banale esempio. A Tzaneen, nel Nord del Paese, esisteva una enorme coltivazione di tè appartenente alla Lipton (circa 1000 ettari coltivati). Fondata nel 1960, prospera, con più di 2000 lavoranti. Non appena il governo dei bianchi cadde, la società Lipton fu cacciata via, e la coltivazione venne data a centinaia di famiglie nere, perché ne traessero profitto. Già fin dal primo anno le piantine di tè vennero lasciate morire, e rimasero solo le erbacce. Così duemila lavoratori persero il pane, in nome dei diritti del proletariato.

E si tenga ben presente che tutto questo non sarebbe mai successo al guinzaglio dell’Apartheid.

Ma la cosa principale da capire è che questa situazione del Sudafrica, nel Continente africano non è certo un’ eccezione. Ora che il colonialismo se n’è andato, TUTTE le nazioni africane sono nelle stesse condizioni di corruttela e disparità economica interna.

“È il lascito del colonialismo, hanno sfruttato i neri e se ne sono andati”, qualcuno potrebbe dire.

Andiamoci piano. Facciamo l’esempio della Liberia, paese che non ha mai conosciuto il colonialismo. Fu fondata dagli americani nell’ ‘800, per espiare le proprie colpe degli anni della schiavitù. Ed è sempre stata finanziariamente aiutata dagli USA, è la loro piccola catarsi. Possiede oro affiorante, minerali preziosi, petrolio. Terreno fertilissimo. Potrebbe essere una nazione ricca, benestante. Invece è una delle nazioni più povere al mondo. Il president e pochi maggiorenti si spartiscono le ricchezze impinguando i loro conti in Svizzera (oggi è di moda Dubai), e il popolo fa la fame. E tutti a capo chino, nessuno protesta. Ogni tanto c’è una guerra civile, in cui i ricchi diventano ancora più ricchi. 

E vogliamo fare l’esempio dell’Etiopia, che storicamente non fu mai colonizzata (a parte la breve avventura mussoliniana), ma si dibatte tra guerre e carestie? E vogliamo fare l’esempio dello Zimbabwe (una volta Rhodesia), paese ancora ricchissimo quando i bianchi furono cacciati via in malo modo, oggi letteralmente alla fame? Un tempo era conosciuta come “La Svizzera dell’Africa”. Un tempo.

No, non è colpa del colonialismo. È colpa della mentalità dei neri, per i quali gli unici umani degni di considerazione sono loro stessi e la loro immediata famiglia. Nessun senso civico, nessun rispetto o preoccupazione per gli estranei, pur se connazionali, pur dello stesso colore di pelle.

E parliamoci chiaro, gli italiani sotto sotto non è che siano molto meglio. Ma abbiamo avuto la civiltà, il Cristianesimo, il Rinascimento, l’Illuminismo, la democrazia per centinaia o migliaia di anni. Questi invece, sono appena giunti allo stadio feudale.

Ripeto, non è che l’Apartheid in Sudafrica non abbia avuto le proprie colpe. Fu terribilmente ingiusta verso i neri, opprimendoli a tal punto che la rivolta divenne inevitabile. I bianchi erano il 20% della popolazione, ma possedevano l’83% delle terre e ricevevano il 75% dei guadagni nazionali. Un bianco guadagnava 14 volte più di un nero, e la mortalità infantile bianca era il 2.7 %, contro il 30% di quella dei neri.

Sotto tali condizioni chiunque si sarebbe ribellato. E quando i neri finalmente presero il potere nel 1994, noi bianchi ci aspettavamo sul serio di essere massacrati. Dagli USA il Black Power Movement e le Black Panthers consigliarono apertamente i neri sudafricani di dare a noi bianchi tre giorni per lasciare il Paese, e poi cominciare a sparare a vista. Ce la vedemmo brutta. Ma Nelson Mandela riuscì a controllare la situazione, malgrado alcuni episodi isolati di violenza. Ricordo che ad alcuni venne praticato il “necklace” (la collana). Ti mettevano un copertone d’auto attorno al collo, lo cospargevano di benzina e gli davano fuoco.

Bene, acqua passata, per fortuna.

Si sarebbe potuto evitare tutto questo? Forse, se l’apartheid avesse offerto ai neri condizioni migliori, di parità o quasi, e non avesse approfittato della situazione. I bianchi avrebbero potuto essere alla guida del paese ancora oggi, e si sarebbe evitata la caduta di questo Paese nell’abisso.

Ma tutto sommato, credo che l’esito sarebbe stato inevitabile. Prima o poi i neri avrebbero comunque preteso di poter votare e, vista la maggioranza numerica, il potere sarebbe passato a loro in ogni caso.
Godiamoci il sole e l’aria pulita. Almeno quello.

 

 

COLONIALISMO E APARTHEIDultima modifica: 2021-04-30T13:36:49+02:00da helvalida
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3 pensieri su “COLONIALISMO E APARTHEID

  1. >> L’Apartheid era malvagia, discriminatoria, d’accordo. Ingiusta, certamente. Ma, guarda caso, a quei tempi nessuno moriva di fame. <<

    E quel sistema non poteva funzionare senza odio razzista? Mboh!

  2. Caro De Veredicis,
    non ho voglia di commentare, e non perché non sia d’accordo, ma perché tutto ciò che lei mi dice lo so da sempre, soprattutto per quanto riguarda la Rhodesia, le cui vicende ho seguito con attenzione, a suo tempo, anche perché ascoltavo la BBC. Sapevo benissimo come sarebbe finita, ho sperato fino all’ultimo che ci si fermasse prima dell’abisso, ma la storia è andata avanti. Nella direzione voluta dagli idealisti occidentali, in particolare intellettuali e “anime belle”.
    Forse non bisogna avere né pietà né disprezzo per coloro che soffrono le conseguenze di queste follie. Faber est quisque fortunae suae.
    L’unica cosa cui non mi rassegno volentieri, è la vita comoda di coloro che hanno spinto questi sventurati a darsi la zappa sui piedi.

  3. @ Peter:
    Guarda, non c’era odio razziale, per lo meno da parte dei bianchi (gli altri, essendo dal lato piu’ povero, ovviamente odiavano). I neri venivano tollerati, a volte aiutati, e a volte ci si affezionava a loro, specialmente alle vecchie lavoratrici domestiche (ricordi il film Via col Vento?). Pero’ ognuno al suo posto, e guai a protestare. Il fatto che poi i pochi giovani neri intelligenti e volenterosi, che probabilmente avrebbero avuto un futuro in una societa’ aperta, venissero soffocati da un sistema cosi’ ingiusto, era considerato un problema secondario. “One of those things”, (sai, una di quelle cose).
    Non posso non ricordare April Seswike, un nero che era diventato il capomastro del nostro laboratorio. Aveva una mentalita’ spiccatamente tecnica, da ingegnere. Il padre era stato un povero pastore, e non aveva potuto mantenerlo agli studi. Se fosse vissuto da qualche altra parte nel mondo, probabilmente avrebbe fatto fortuna nella vita. Invece era nato qui. Purtroppo per lui.
    Vedi, io non giudico. Non decido se e’ meglio un sistema morale ed equo, ma fallimentare, oppure un sistema ingiusto ma di successo.
    Posso solo dire una cosa: un esercito in cui i soldati comandano alla pari dei generali e’ destinato al fallimento. La disparita’ talvolta e’ necessaria. Ci vuole gente al comando, e gente che esegua gli ordini.
    E, ancora una volta, vorrei fare un parallelo con l’Italia: Immaginiamo (un po’ di fantascienza a volte e’ interessante) che dopo la seconda Guerra mondiale l’Italia si fosse divisa in due nazioni, secondo la linea gotica. Il Settentrione e il Meridione. Ora, proviamo ad immaginare quale delle due Italie nel dopoguerra avrebbe avuto il cosiddetto “miracolo economico”.
    Purtroppo bisogna ammettere certe cose. Come ad esempio, che purtroppo non siamo tutti uguali. C’e’ gente intelligente e gente stupida. C’e’ gente che preferisce lavorare, altra che preferisce l’ozio. Chi si da’ da fare, e chi si adagia. E a volte e’ questione di razza, purtroppo. Alcune razze sono (…come dire?) meno produttive di altre.
    Non nego che i bianchi, specialmente gli Afrikaners, durante l’Apartheid, abbiano ben approfittato della situazione. C’era una societa’ “segreta” chiamata Bruderbond (Legame tra fratelli), e se si apparteneva ad essa (chiaramente bisognava essere di un certo colore e di una certa genetica), si raggiungevano tutti i posti di comando.
    Mi ricordo di un mio amico, un israeliano dottore in Scienze Agricole, il quale venne invitato qui dal governo sudafricano per la sua esperienza nel campo dell’agricoltura nelle zone desertiche. Era onorato e riverito, ma in dieci anni e piu’ trascorsi al Consiglio delle Ricerche Agricole di Pretoria, non fece un passo avanti nella carriera. Tutti gli Afrikaners, anche i piu’ idioti, ottenevano posti di comando, lui no. Tanto che alla fine, decise di tornarsene in Israele.
    Bene, ora c’e’ la vendetta dei neri. Mio figlio David si diplomo’ con cinque distinzioni, fu il migliore del suo corso. Bene, gli fu vietato di iscriversi a Medicina, per avere la pelle un po’ troppo bianca. Sua madre (mia moglie) era un medico famoso, direttrice del reparto di Oncologia, insegnante universitaria. Macche’, niente da fare.
    Cosi va il mondo.

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