LA ROSA

Non dormo quasi niente, un paio d’ore a notte, poco più. A volte come mi siedo mi addormento. Una sonnolenza irresistibile, mortale. Mi hanno fotografato mentre dormivo abbandonato, la bocca aperta, gli occhi chiusi perduti dietro chissà quale incertezza. I miei ritorni alla vita sono dolorosi, la gola asciutta, la bocca amara. Troppe sigarette prima, troppi caffè adesso.

Ho cercato di parlare con la giovane donna seduta di fronte a me, ma non ho avuto risposte. Le mie parole scelte per lei sono annegate infelicemente nel brodo elettronico del suo cellulare. Per rimanere in tema, avrei preferito che fossero state almeno fiori sull’acqua, come nei funerali marini. Non sono allegro.

 Cammino sopra il tempo e il tempo mi passa sopra. Mi calpesta e mi maltratta, questo tempo di merda. Ho voglia di gridare “Voglio una donnaaa!” come l’uomo sull’albero di Amarcord, e poi mi dico: ma che diritto ho di chiedere una donna? Ne ho avute tante e le ho in parte sprecate. Le ho tutte perdute. Cosa potrei dare, adesso, ad una donna? Vorrei sottrarle l’anima e scioglierla nella mia, vorrei costruirle un manto di calore, vorrei berne il corpo e adorarla, vorrei regalarle tutto quello che non ha prezzo e non ho regalato a nessuno. Pronuncerò mai parole d’Amore o le conosco tutte a memoria, le parole d’amore, e le ho sempre recitate, come si recita un copione? Il mio tempo è finito e dove sono i miei dobloni d’oro. Questo mi dico.

Il nonno mi guardava mentre ero intento a scrutare le foglie e i fiori.

-Perché non si apre? – chiedevo mostrando un bocciolo.

-Tu guardala intensamente e non smettere mai. Si aprirà per te.

La rosa. Anche adesso mi sono chinato su una rosa del mio giardino e quasi mi sono commosso. La rosa. Aspetto che si apra per me. Ma cosa sono? Un vecchio lascivo? Sull’autobus mi cedono il posto e io parlo d’amore e trovo in me risposte impensate e insensate. La rosa. Ed anche la giovane donna in hot pants mi sorride per un attimo e io mi commuovo. Senilità. La vorrei nel mio letto.

E il nonno mi disse: – Non mi baciare, sono così sudato.

-Perché, non si baciano le persone sudate? – chiesi. – Ho visto baciare i morti. Le persone sudate sono peggio dei morti?  

E già le mie labbra tenere di bambino si erano posate con un sorriso furbissimo su una guancia del nonno mentre con una mano gli facevo una carezza sull’altra guancia. Che strano, pensavo, ormai c’è fresco e il nonno suda più di prima. Era bagnata, la mia mano.

La rosa. Il sesso. L’Amore. Mi stanno schiacciando. La vita mi schiaccia. La rosa mi schiaccia. Io piango per la sua bellezza destinata al nulla e lei mi schiaccia. Devo uscire. Devo uscire la sera. Andrò in mezzo alla gente, in una strada elegante. “Un po’ d’amore, un po’ d’amore, per mangiare …”

Il nonno arrivava, in estate, e il sudore gli bagnava la camicia bianca, le camicie erano tutte bianche allora. Dietro due garzoni portavano ceste di gelsi neri e fichidindia arcobaleno su un letto di foglie di fico, seguiti da un codazzo di bambini. Sembravano i Re Magi, i garzoni macchiati di viola scuro fino al gomito, il nonno in testa a portare sporte da cui fiorivano sedani con le foglie larghe, pomodori succosi, zucchine lunghissime, verde acqua chiaro, non le ho più viste da allora. Gli correvo incontro e lui mi tirava su con un solo braccio, con l’altro portava le sporte cariche di tutto, e si sentiva il profumo del pane appena sfornato. “Signora, ho tolto le spine ai fichidindia” “Grazie, prendete qualcosa per i bambini”… Come farete a pulirvi. Ci penserà mia moglie, ci penserà mia madre … Caldo. Sudore. Certezze. E colori, colori. Mi hanno nutrito gli occhi. Hanno asciugato il mio sangue. Mi sono rimasti nella mente ad invecchiare, come il vino. Hanno vestito le pietre. 

-Lo vuoi un pezzetto di pane caldo con l’olio?

Lo volevo. Io, che ho conosciuto le ostriche, oggi mi venderei l’anima per quel pane caldo con l’olio.

-E ci vuoi anche il sale e il pepe?

-Sì, mi piace quando pizzica.

-Va bene, ma non lo diciamo alla mamma. Sei un bambino avido, e ricco. Così mi disse il nonno, ma io non lo capii.

Sono stato crocifisso molte volte e molte volte sono risorto con la mia cupa e sconsiderata voglia di vivere, scrollandomi dietro le spalle tutto il di più, e lo sconforto. L’ho presa a morsi, questa puttana di vita. Ora non trovo le tracce dei chiodi, o quasi. Ma mi viene difficile rincorrerla, perché tutto quello che mi sono buttato dietro le spalle è diventato un carico enorme che gioca con me come il gatto col topo, mi rotola addosso come un autocarro in discesa, e anche di più. Io corro, corro, per rincorrere la vita che mi sfugge con questo carico dietro che mi minaccia e, quando guardo la mia immagine allo specchio, vedo che ho paura.

Non ci si libera del passato. Ho sonno. Mi addormenterò e la ragazza vedrà il mio mento che cade. Non me ne importa. Ha pizzicato, la vita. Anche la musica ha fatto sentire il suo bruciore. E poi mi ha consolato. Nonno, addormentami. E se la ragazza ti dicesse di sì? chiede, crudele, la storiella. Senilità. Senilità. La rosa.    

Anna Murabito     alimarbit@yahoo.com

LA ROSAultima modifica: 2020-08-29T17:33:59+02:00da helvalida
Reposta per primo quest’articolo

2 pensieri su “LA ROSA

  1. Ricordi e sonno. Sonno con ricordi. Il passato che non passa mai, il nonno- chissà dov’è ora? – parla con me. Barca che scivola sul lago quieto della memoria. e tutto offerto nell’involucro della poesia pura. Quanti significati, la rosa! La magia della realtà, della vita, sboccia se la guardi, rapporto di umano e natura. Dolce , come tutto questa straordinaria pagina tessuta di sentimenti e di nostalgia. Straordinaria, appunto.

  2. Il paragone con la musica è tanto ovvio che quasi ci si vergogna.
    Da giovane mi ero chiesto se la musica non fosse nata in origine (quando?) dall’intonazione della frase. C’erano le parole e c’era l’intonazione. Le parole senza l’intonazione hanno dato la scrittura, l’intonazione senza le parole ha dato la musica.
    Così leggendo questo testo, di cui non capisco tutto, sono catturato e incantato, dall’astratta bellezza della melodia, dalla sapienza degli accordi che la commentano, dall’eleganza mozartiana mista al pathos di Schubert, fino ad arrendermi e non chiedere di più, soprattutto non chiedere di più.

I commenti sono chiusi.