VERSO LA BRETAGNA

20201124_134338-1 Bret fotoIl sud dell’Inghilterra, a parte Canterbury, ci deluse non poco. Lo percorremmo tutto alla ricerca dei paesaggi tanto decantati senza trovarli. Arrivammo a Penzance, in Cornovaglia, in una serata livida mentre io battevo i denti per il freddo, in un campeggio che ci apparve del tutto inadeguato dopo l’opulenza tedesca. Un contadino-padrone ci accolse con malagrazia, parlando un dialetto che sembrava avere poco a che fare con l’inglese. Se Valerio non litigò fu perché mi vide stanca e voleva che mi stendessi a letto per riposarmi al più presto. Una volta chiusa la cerniera, la nostra tenda era il nostro castello, e per terra non mancava l’erba. Tutto l’interno della Cornovaglia ci apparve strano più che bello, con stradine strettissime e a volte private, bisognava pagare un pedaggio per passare, con villaggi che sembravano primitivi. Gli uffici postali vendevano le uova, e il fattore della campagna vicina portava un latte che sembrava appena munto e non pastorizzato. Questo non nell’800, ma negli anni ’80 del ventesimo secolo.

Arrivati a Saint Ives, cominciai a decantare le bellezze del paesaggio selvaggio, del mare, dei gabbiani, della luce e delle stradine, dicendo che finalmente avevamo trovato un posto all’altezza della sua fama. Valerio allora mi prese sottobraccio e mi disse dolcemente:

-Ascolta, secondo me questo villaggio è carino, ma niente di più. Dobbiamo tornare sul continente subito, e i giorni che ci restano, e sono ancora molti, li passiamo in Bretagna. Ti faccio conoscere la Bretagna. Vedrai cosa significa la bellezza.

Ero imbarazzata e cominciai col dirgli che a me bastava, che non avevo mai fatto una tale immersione nel viaggio, nel divertimento, nell’arte, nell’amore, nel paesaggio.

-E allora? mi disse Valerio, un motivo in più per farlo durare. Vieni, tenerezza piccola, abbiamo molto lavoro da fare.

Ancora tenda da smontare, automobile da caricare, bagaglio da sistemare. Chilometri, chilometri, e un’altra traversata terribile, decisa all’ultimo momento, senza posto assegnato, senza dormire. Un’altra alba livida col freddo che entra nelle ossa nel Cotentin nebbioso e Valerio che guidava accanto a me, incrollabile. Rifiutavo di chiudere gli occhi anche solo per dieci minuti, perché non volevo che si sentisse mai solo, finché fossi stata accanto a lui. Vedevo i campanili dei villaggi normanni fare la loro apparizione improvvisa, in lontananza, grigio su grigio, e mi chiedevo come potessero esprimere l’orgoglio del fallo come scherzosamente mi aveva detto Valerio durante i primi mesi della nostra conoscenza. Con quel freddo.

La Bretagna non è una terra come le altre.

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Il mare impiega tutta la sua potenza per penetrarla nelle forme più avvincenti, profonde e fantasiose con cui un amante possa desiderare di penetrare la sua donna e lei se ne è lasciata pervadere come dall’unico signore che in ogni momento può sottoporla al suo imperio. Il loro amore è antico come il tempo e si scompone e si ricompone in forme sempre nuove alla ricerca di un appagamento che non arriva mai. La Bretagna non è la bellezza, come diceva Valerio, ma la fantasia erotica a cielo aperto.

E non è solo il luogo dell’eterna danza d’amore tra la terra e il mare. È il luogo della continua lotta tra due colori, il verde e il grigio. Il luogo dove la luna ogni giorno ruba l’acqua del mare per lasciare le barche adagiate su un fianco. Dove i relitti si decompongono all’infinito sull’argilla dei fiordi, che qui si chiamano aber, luoghi grigi e melmosi che l’acqua lambisce ormai stancamente. L’oceano urla a St-Guénolé. Lo senti e lo temi da lontano. Ma lo subisci anche lungo le spiagge infinite, dove sei costretto a tacere perché il vento ti strappa le parole.

Una terra in cui nessuno fa i bagni di mare, ma tutti sono marinai e “ça sent la morue jusque dans le coeur des frites”, puzza il merluzzo fin dentro il cuore delle patate fritte, come ancora canta Brel. D’estate, solo i bambini, e i più coraggiosi fra i giovani, azzardano l’immersione in acqua: spesso soltanto fino all’inguine, perché per arrivare a due metri di fondale bisognerebbe percorrere forse mezzo chilometro. Chi vuole nuotare deve adattasi a farlo col rischio di raschiare il fondo con la punta delle dita.

I più contenti sono i bambini, ma neanche loro resistono alla temperatura  e, quando tornano correndo, le madri per salvarli dall’assideramento li frizionano energicamente con gli asciugamani sperando che sopravvivano. Queste scene mi ricordavano il giorno in cui, sul bordo della Severn, in Inghilterra, ci chiedevamo chi mai avrebbe avuto il coraggio di immergersi in quell’acqua fredda e fangosa, e un inglese di passaggio, indovinandoci “tourist”, ci lanciò un incoraggiante e indimenticabile: “Have a good swim!”

Ma c’è anche una Bretagna dolce che, dopo averti violentato, ti accarezza con le colline verdi che la nebbia, diradandosi, improvvisamente scopre nel silenzio del mattino. Le case piccole e lontane sembrano sagome di carta bianca nell’eterno teatro dell’erba. Villaggi onirici, profumi pudichi: il profumo delle crêpe fatte da una vecchia donna del popolo e poi impilate una sull’altra a promettere delizie. Il profumo delle mele, nel sidro e nel Calvados, che è normanno, ma in Bretagna è il più conosciuto superalcolico, insieme con lo Chouchen, che deriva dal miele.

Ci si abitua al cielo grigio e poi improvvisamente il sole spariglia le carte. Un sole che acceca, disorienta e fa brillare come agata e ossidiana i mantelli delle pies noires con le loro mammelle ingombranti.

Niente biscotti per cena, ma banchetti con salmone affumicato, langoustine e crêpe. Col Muscadet “che rende pazzi” e il Calvados, alla fine, come si conviene.

 “Devo essere masochista, pensavo, uso un linguaggio costantemente allusivo e un po’ sconveniente. Subisco la musica, subisco la bellezza, subisco l’amore un po’ nella fantasia un po’ nella realtà, subisco l’oceano, e ora, parlando della Bretagna, parlo di violenza e consolazione. Però anche Valerio dice che la Bretagna è una terra senza mutande”.

Dopo gli spazi angusti e poveri dell’Inghilterra, i campeggi sembravano parchi lussureggianti e la nostra grande tenda con la zona giorno e la zona notte era una ricca dimora. La tettoia ci proteggeva da un sole che non c’era, ma con due maglioni uno sull’altro e il berretto calato sugli occhi stavo seduta all’aperto a mangiare i croissant del mattino mentre l’umidità della notte cominciava ad alzarsi. Felice come in un Paradiso Terrestre che era mio senza che lo sapessi e che avevo ritrovato.

-Dimmi che ci torneremo, quasi implorai Valerio.

-Non pensavo ti sarebbe piaciuta tanto. Tutto questo è nostro, lo possediamo perché riusciamo a vederlo. È stato solo un assaggio, ci torneremo.

Mi teneva un braccio intorno alla vita ed io non riuscivo a guardarlo.

La vasta Francia placò le nostre emozioni e rese più lento e profondo il respiro. Ora percorrevamo campi verdi e gialli di grano o di girasoli, senza mare, senza vento. L’immenso patrimonio di una Donna bella, matura, materna e accogliente. Perfino indolente e sonnolenta nella sua provincia senza fine.

Anna Murabito     alimarbit@yahoo.com

VERSO LA BRETAGNAultima modifica: 2020-11-25T14:32:16+01:00da helvalida
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4 pensieri su “VERSO LA BRETAGNA

    • Carlo, fantastico! Grazie! Ho fatto scorrere le immagini più volte, cercando di riconoscere tutti i luoghi, ma non ce l’ho fatta. Abituata ai grigi, sono stata sorpresa soprattutto dai colori.
      Comunque queste meraviglie tecnologiche mi entusiasmano.
      Speriamo di collaborare ancora.

  1. Sono racconti fatti di immagini. In questo blog tutto è “bello”, l”estetica ha la sua casa. Foto incredibilmente suggestive, senti quasi gli odori del mare, delle vie, dei negozi. Le foto possono avere un effetto evocativo immediato, forte, deciso. La parola passa attraverso la comprensione, l’immagine ti colpisce direttamente. Un applauso senza riserve.

    • Grazie infinite, Giuseppe.
      Gli amici, e soprattutto Carlo, mi stanno aiutando ad acquisire un po’ di dimestichezza con le “technicalities”. Così stamani ho postato anch’io delle immagini nell’articolo immediatamente seguente (“Immagini di Bretagna”). E ho intenzione di continuare.

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