PIERNEEF

di Anna Murabito

Pierneef trees

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Musica di R. Vaughan Williams: “Fantasia su un tema di Thomas Tallis”

Jakobus Hendrik Pierneef è un pittore, nato e morto a Pretoria (1886 – 1957). Poco conosciuto in Italia, le sue opere sono esposte nei grandi musei sudafricani e le sue quotazioni sono molto alte.

È definito un paesaggista, e di solito questo corrisponde ad una natura bucolica. Invece io percepisco nei suoi dipinti un sentire violento e insieme raffinato e poetico.

Il paesaggio non è la sua scelta pittorica, è il suo inseparabile compagno. Una ineludibile ossessione che si ripropone in una sfilata di sogni ad occhi aperti. Talvolta Jacobus riesce a domarlo, ritagliandolo con le forbici della stilizzazione, talvolta ne è sopraffatto, investito dalla tempesta dei colori e delle forme. Ed ecco allora le sue montagne di cartapesta. Rosse e quasi sensuali, ma anche viola, rosa, gialle, arancione, vestite con i colori del gioco e della favola. Forse l’Africa è troppo “grande” per un solo pittore e produce evasioni della mente, esaltanti fughe nell’immaginario.

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Ecco perché, per Pierneef, la definizione di paesaggista è riduttiva: Jacobus è un figurativo onirico. I suoi dipinti non sono tanto rappresentazioni quanto trasfigurazioni.

Il suo sogno ha due dimensioni: la terra e il cielo.

La terra è dominata dal silenzio, dalla luce, dagli alberi. Elementi che sembrano entrare uno nell’altro, in un insieme indivisibile: alberi dai margini netti o spumosi, verde chiaro, vinaccia o arancione, piantati in una realtà estatica e rarefatta. Hanno l’eleganza formale delle stampe giapponesi; rappresentano un godimento intellettuale prima che estetico; sono belli come un sogno perfetto. Proiettano un’ombra inutile, dal momento che non c’è nessuno e si appagano di sé: guardiani di una luce improbabile, a volte viola chiaro, che inquieta e incanta.

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Oppure scheletri ormai esausti, di cui si avverte quasi l’assenza di linfa e il crepitio dei rami spezzati. Scuri e visibili anche da lontano, come grandi totem.

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A volte colori mai visti sono accolti in uno schema paesaggistico assolutamente classico; più spesso la stilizzazione semplifica le forme ed esalta il silenzio. Non solo l’essere umano è assente, ma non si sentono neanche uccelli cantare o serpenti strisciare. Non c’è quella presenza oscura e frenetica che un poeta ha avvertito nel meriggio estivo ligure: “Ascoltare tra i pruni e gli sterpi, schiocchi di merli, frusci di serpi”. La vita fissata sulla tela è ferma come una conchiglia fossile, un dipinto di Lascaux. Essenziale come l’amore quando si esprime in un gesto.

La metà dell’universo figurativo di Pierneef – la terra – mostra sempre una realtà riconoscibile, ancorché legata alla favola e al colore. Il sogno delle nuvole occupa invece un’altra dimensione, più vicina all’astrazione, confinante con un incontenibile inconscio. Le nuvole sono pura creazione, immaginario poetico divenuto visione. Raramente sono dense e carnose, cariche di pioggia, come quelle che si vedono lungo le coste dell’Oceano in un suo “Lone tree”.

Lone tree

Raramente sono sfilacciate, morbide, tenui, semplicemente nuvole. Sono un mondo da percorrere con le ali. Sono l’itinerario di una visione multiforme e priva di censure: paracadute, ombrelli bianchi, gonne ampie di fanciulla. Sono ghiacciai sospesi nel colore viola pallido. Iceberg e cascate galleggianti nel blu. Monumentali riccioli di burro, gialli e grassi, così pesanti da far temere che cadano da un momento all’altro. Altre masse e ghirigori, non facilmente identificabili. Quando non vuole dare forma alle sue nuvole-sogno, il pittore porta in cielo un pezzo di terra, e il cielo diventa specchio del campo con le tinte tenui delle diverse colture.

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A volte tutto si mescola. Ombre lunghe, luce sovrana, radente, che esalta il bianco, ma è spettrale nel cielo violaceo. Forse pioverà. Certo le nuvole sono monumenti di Titani (“Landscape”).

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Altrove alberi come pilastri di un cancello immaginario. Cortine grigie in successione. In lontananza il solito cielo “affollato”: Il trono di un dio invincibile? Lastre di marmo di una città distrutta? (“Strange weather”).

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Pierneef non è un naif. I colori insoliti e l’eleganza del tratto sono filtrati da una consapevolezza squisitamente intellettuale. I suoi dipinti stordiscono e ipnotizzano, anche per la ripetizione degli stilemi che comunque non diventano mai modulo inerte ma vita che si rinnova ad ogni visione. Di presa immediata, non hanno bisogno di interpretazione o meditazione: colpiscono come un’onda sonora. L’ossessione paesaggistica di Pierneef diviene anche l’ossessione dello spettatore quasi violentato eppure mai appagato: in cerca del quadro successivo, di altre tinte mai viste, di altre nuvole inventate.

La realtà finita e l’infinito immaginario si toccano e si confondono, lasciandoci vagamente sgomenti.

I dipinti di Pierneef sono attaccati alla sua anima. Sono spesso una favola divorata dalla grandezza di un cielo imprevedibile.

Anna Murabito     annamurabito2@gmail.com

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Jakobus Hendrik Pierneef is a painter who was born and died in Pretoria (1886 – 1957). Little known in Italy, his works are exhibited in the best South African museums and their value is greatly appreciated.

He is considered a landscape painter, and usually this corresponds to a bucolic nature. Instead I perceive in his paintings a violent and at the same time refined and poetic feeling.

The landscape is not his pictorial line, it is his inseparable companion. An inescapable obsession that recurs in a parade of daydreams. Sometimes Jakobus manages to tame it, cutting it out with the scissors of stylization, sometimes he is overwhelmed by it, hit by the storm of colours and shapes. So, here are his mountains of papier-mâché. Red and almost sensual, but also purple, pink, yellow, orange, dressed in the colors of a game and of a fairy tale. Perhaps Africa is too “big” for a single painter and produces evasions of the mind, gripping escapes into the imagination.

This is why, for Pierneef, the definition of landscape painter is belittling: Jacobus is a dreamy figurative. His paintings are not so much depictions, but transfigurations.

His dream has two dimensions: the earth and the sky.

The earth is dominated by silence, light, trees. Elements that seem to enter one another, in an indivisible whole: trees with clear or frothy edges, light green, burgundy or orange, planted in an ecstatic and rarefied reality. They have the formal elegance of Japanese prints; they represent an intellectual enjoyment before being an aesthetic one; they are as beautiful as a perfect dream. They cast a useless shadow, since there is no one around, and they are satisfied with themselves: guardians of an unlikely light, often light purple, which upsets and enchants. Or skeletons by now exhausted, of which you can almost feel the absence of sap and the crackling of broken branches. Dark and visible even from a distance, like large totem poles.

Sometimes unknown colors are welcomed in an absolutely classic landscape scheme; more often the stylization simplifies the forms and enhances the silence. Not only is the human being absent, but you can’t even hear birds singing or snakes crawling. There is not that dark and frenetic presence that a poet felt in the Ligurian summer afternoon: “Listening among the thorns and brushwood, the snapping of blackbirds, the rustle of snakes”. The life that is fixed on the canvas is motionless like a fossil shell, or a painting in Lascaux caves. As essential as love when it is expressed by a gesture.

Half of Pierneef’s figurative universe – the earth – always shows a recognizable reality, albeit tied to fairy tale and to color. The dream of the clouds, on the other hand, occupies another dimension, closer to abstraction, bordering on an irrepressible unconscious. Clouds are pure creation, poetic imagery that becomes a vision. They are rarely dense and fleshy, full of rain, like those seen along the shores of the ocean in his “Lone tree”. They are rarely frayed, soft, just clouds. They are a world to travel with our wings. They are the itinerary of a multifaceted and uncensored vision: parachutes, white umbrellas, wide girl’s skirts. They are glaciers suspended in pale purple color. Icebergs and waterfalls floating in the blue. Monumental curls of butter, yellow and greasy, so heavy that you fear they will fall out at any moment. Other masses and squiggles, not easily identifiable. When he does not want to give shape to his dream clouds, the painter takes a piece of land to the sky, and the sky becomes the mirror of the field with the soft colors of the different crops.

Sometimes it all mixes up. Long shadows, sovereign light, grazing, which enhances the white, but is ghostly in the purplish sky. Maybe it will rain. Certainly the clouds are monuments of Titans (“Landscape”).

Elsewhere, trees like pillars of an imaginary gate. Gray curtains in succession. In the distance the usual “crowded” sky: The throne of an invincible god? Marble slabs of a destroyed city? (“Strange weather”).

Pierneef is not a naif painter. The unusual colors and the elegance of the stroke are filtered by an exquisitely intellectual awareness. His paintings stun and hypnotize, also for the repetition of the stylistic elements that nevertheless never become an inert paradigm but a life that is renewed with each vision. Immediately catching, they do not need interpretation or meditation: they strike like a sound wave. Pierneef’s landscape obsession also becomes the obsession of the almost raped, yet never satisfied spectator: in search of the next painting, of other colors never seen before, of other invented clouds.

Finite reality and the infinite imaginary touch and merge, leaving us vaguely dismayed.

Pierneef’s paintings are attached to his soul. They are often a fairy tale devoured by the grandeur of an unpredictable sky.

Traduzione di Nicola De Veredicis

 

PIERNEEFultima modifica: 2021-05-07T16:21:56+02:00da helvalida
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8 pensieri su “PIERNEEF

  1. Che meraviglia. Alida, non solo tu sei l’unica italiana ad aver scritto un saggio su Pierneef; ma a quanto mi risulta, neanche qui in Sudafrica e’ mai stato scritto su Pierneef nulla che possa arrivare al livello di questo capolavoro.

    Hai compreso a fondo Pierneef, come pochi altri al mondo. Pierneef, piu’ di qualsiasi altro artista, comprese l’unicita’ del panorama sudafricano e ne trascese la rappresentazione naturalistica per svelare l’anima di questo paese. Non sono molti i sudafricani odierni che si rendano conto di questo. Apprezzano vagamente i colori e la maestosita’ dei quadri di Pierneef, limitandosi alla loro piacevolezza estetica. Tu, a diecimila chilometri di distanza, sei riuscita ad entrare nella loro anima. Non ho parole.

    • Ciao, Nicola.
      Voglio dire pubblicamente che devo a te la conoscenza di questo artista e di questo ti ringrazio. L’emozione del “primo incontro” non è venuta meno col passare dei mesi, ed ho cercato di trasmetterla.
      Grazie anche delle miniature, molto eleganti, che ho usato come presentazione dell’autore.

  2. Jakobus Hendrik Pierneef. Pittore di Pretoria, quasi sconosciuto in Italia, è presentato magistralmente dalla scrittrice e poetessa Anna Murabito. Affascinanti sono le raffigurazioni pittoriche della natura, alberi, montagne, nuvole in una forma tanto diversa dalle consuete visioni della pittura europea tra il XIX e il XX secolo. I suoi quadri hanno un carattere unico e preciso: “estatico”. Personalissima rappresentazione del mondo che non deve andare perduta. E le focalizzazioni della Murabito servono meravigliosamente a sottolineare le qualità poetiche, affettuose del pittore. Non sono spiegazioni: l’arte, come ben sa la Murabito, non va spiegata ma sentita, se passa attraverso l’intelletto arriva morta. E la scrittrice ci offre una quantità di immagini del Pierneef tutte ispirate, pulite, profonde, tutte piacevolissime o addirittura sorprendenti. Linee nette, colori sinceri. Vale la pena di guardare e riguardare questa presentazione. Grazie Anna Murabito.

  3. Sempre grata ad Anna perché con i suoi testi interessanti, chiari e circostanziati stimola la mente e amplia le conoscenze .La descrizione dei quadri ricca di particolari e di riflessioni fa conoscere la personalità del pittore. Alcuni dipinti provocano sconforto, altri sono bellissimi nonostante manchi la vita che avvertiva Montale.

  4. Non conoscevo questo pittore e forse non lo conosco nemmeno ora, anche perché i suoi quadri mi respingono nell’alterità. Pierneef sembra partire con l’idea di rappresentare qualcosa e finisce col rappresentare sé stesso, le sue emozioni, le sue fantasie, al punto che uno rischia di sentirsi indiscreto. Il testo di Anna Murabito sugli impressionsti mi ha rivelato che il paesaggista, quel giovane che va in giro con un treppiede, uno sgabello e una tela – oggi un luogo comune – è nato allora, raccogliendo l’invito di quel Manet che aveva l’aria di dire, a chi trovava in un atelier: “Ma che fate, qui? Non avete visto che c’è il sole, che ci sono le nuvole, che ci sono le donne coi loro vestiti a fare da commento alla primavera?” E infatti gli impressionisti sono usciti all’aperto, a ritrovare i colori della natura.
    Pierneef, che sembra avere recepito l’invito, in realtà l’ha totalmente tradito. Nel senso che, pure se all’aperto, va a dipingere le proprie ansie, i propri incanti, le proprie angosce, il proprio mondo interiore.
    È questa la suggestione profonda dei suoi quadri. Più li si guarda, più si è spinti a chiederci che senso hanno, che cosa dobbiamo leggere, che cosa ci dice, Pierneef. E alla fine, come avviene per la musica, da un lato ci accorgiamo che come contenuto non ci dice quasi niente, dall’altro ci sentiamo catturati e sottomessi, rispettosi dinanzi alla tempesta di un’anima.

  5. Grande Alida. Che piacere leggerti e apprendere da te. Che sensazione di pace tu sai dare con queste immagini, questa musica, queste parole.
    Che bella maniera , cosi semplice e ricca, di porgerti all’ animo, che anela a sottrarsi al disagio, ad evadere, che vuole avvolgersi, “naufragare” soltanto e sempre, nella purezza delle sensazioni antiche.

  6. Penso che si possa condensare quanto scritto magistralmente da Alida in una sola frase: Pierneef è un “figurativo onirico”. Infatti, chi guarda i suoi quadri si perde nei meandri della suggestione fantasiosa. Brava Alida!

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