CHAGALL

di Anna Murabito

1

fm_bg2images (2)

VAI AL VIDEO

Musica di Max Bruch: “Kol Nidrei” Op 47

41

27

Che il dolore sia l’inevitabile retroterra dell’arte è quasi un luogo comune. “Perché?”, mi disse un giorno un amico, “Non tutti i pittori sono Van Gogh, ci sono i pittori felici”. Non mi convinse del tutto, ma l’argomento era di quelli che si addicono all’amicizia. Gli chiesi un elenco, di questi pittori felici, e lui me lo fornì.

     Comunque, tra i pittori felici merita un posto Marc Chagall (1887 – 1985) o Moishe Segal o Mark Zacharovič Šagal, che anche da queste molteplici identità trae occasione di ricchezza e non di smarrimento. Né, tanto meno, di arzigogolate angosce esistenziali. Convivono senza conflitti in lui, questi diversi umori, così come l’asino convive con la luna nei suoi affollati cieli fantastici.

Russo, ebreo, francese. Ebreo per il villaggio in cui è nato e che gli è rimasto nel cuore; francese per adesione culturale ai fermenti del Ventesimo Secolo; russo, soprattutto russo, per la memoria delle favole, per il temperamento appassionato ed esuberante. Una sorta di Čaikovskij. Con un pathos limpido e mite però: un inesauribile creatore di “melodie” pittoriche, in cui a volte il colore esce dai margini dell’immagine rappresentata. E questo, più che per l’adesione a un movimento culturale (il “Tachisme”, da “tache”, macchia), per una sorta di sopraffazione che il colore opera nei margini stessi della sua anima e della sua visione del mondo.

Aderì alla Rivoluzione di Ottobre, ma da artista, senza realmente capirla, e non riuscì mai ad essere sovietico: nulla avevano a che fare gli innamorati verdi e le mucche blu con la causa del popolo, così come i dirigenti del partito la intendevano. La glorificazione di Marx ed Engels non era in linea con le sue visioni.

Conobbe i pogrom (uno il giorno stesso della sua nascita), le due guerre, il comunismo, il nazismo, l’esilio. Ma queste vicende, che sconvolsero la vita del mondo, lo lasciarono indenne: perché lui ci racconta prevalentemente l’amore e l’infanzia, la favola, il gioco, il circo. Il suo è un universo individuale, e i ricordi gli servono solo ad arricchire la “sua” storia; non sono e non vogliono essere, se non in piccola parte, un documento della storia degli uomini. Sono eventualmente un pretesto per raccontare il cuore degli uomini, così come può esserlo la poesia nostalgica di Fellini.

14

30

Il villaggio è onnipresente. Nelle sue tele si respira un mondo semplice e privo di inquietudini. Le albe e i tramonti scandiscono il tempo; la stalla è attigua alla “camera da letto”; i ragazzi imparano a mungere le mucche e le chiamano per nome. Gli animali, gli immancabili animali – che l’artista riporta anche nelle magnifiche vetrate istoriate delle Cattedrali europee e della Sinagoga di Gerusalemme – potrebbero non avere sempre quel valore simbolico che alcuni critici vedono in essi, ma esprimere a volte solo una familiarità vestita d’ingenuità: gli occhi sgranati del bambino di fronte a un uccello sconosciuto; l’affetto per l’asino, una sorta di fratello più forte; l’aringa, un pesce grande, importante, perché collegato al mestiere del padre.

Siamo lontani dalla poesia intellettuale e squisita di La Fontaine, di cui pure illustrò le favole. Qui c’è lo spessore, a volte perfino grottesco, delle storie del mitico Giufà siciliano, dove il gallo può essere chiamato scherzosamente e familiarmente “il cantalanotte”. Il mondo descritto è quello delle scarpe grosse e del fieno, degli odori eterni della natura, dei fiori di campo, dei ragazzi che si appartano per fare l’amore e poi si sposano – lei nella povera eleganza del velo bianco –  con una cerimonia accompagnata dall’immancabile violinista. Questo è il contadino ebreo russo che descrive il suo mondo, mentre è soltanto ebreo il pittore che ci mostra il violinista sul tetto, simbolo delle difficoltà che il popolo ebraico è chiamato ad affrontare, abituato com’è a dare il meglio di sé anche in condizioni estreme.

62

26

Tutti galleggiano nei quadri di Chagall. Ed è un volare irrealistico e sproporzionato. Distanze, prospettiva, dimensioni vengono inventati ex novo, in linea con l’estro visionario dell’artista. Lo spessore degli ambienti, degli animali, dei personaggi, si scioglie in un mondo turbinante e ripetitivo, un’assenza di gravità originata da una fantasia più che visionaria: fantasmagorica. Non è l’inconscio devastante di Bosch, che emerge, né quello delle sedute psicoanalitiche. Le immagini di Chagall non affiorano a tradimento e dolorosamente né sfuggono per caso, come il lapsus di Freud; non esprimono verità seppellite sotto la vita, ma al contrario una vita con verità esplicite e degne di essere mostrate. Il pittore ce le ripropone mille volte con i colori smaglianti e irriducibili di un’evidenza che si impone a tutti, con la disinvoltura quasi infantile di chi non teme smentite, talmente ascolta soltanto la propria fantasia che sovrappone alla realtà fino ad annientarla. Perché quella fantasia è l’unica strada che sa percorrere; è la sua visione del mondo. Soavemente surreale.

9

E, accanto al villaggio, l’amore. La coppia, gli innamorati, gli amanti, gli sposi soprattutto, declinati in tutte le pose, di giorno e di notte. Belli o brutti, verdi e viola, quasi sempre vestiti. Non c’è sensualità, c’è il sentimento atavico di un rapporto vitale che riguarda tutti o almeno i fortunati che lo hanno vissuto: l’amore è nel mondo, come la terra, come la luna, come il sole, trasformato a volte in una sorta di astro familiare, di fiore pazzo, rosso come un tuorlo, neanche tanto rotondo. Il sole è con gli innamorati, in un mondo che comprende tutti gli esseri del creato. Chagall conosce l’amore. Per questo riesce a raffigurare la passione e l’abbandono, la tenerezza e la fiducia negli abbracci e negli sguardi; negli occhi che si chiudono; nelle mani che accarezzano e proteggono. Non sono gli innamorati a galleggiare, galleggia l’amore.

50

64

16

11

Non è solo “visione”, tutto questo. C’è anche una sorta di panteismo elementare e benevolo risalente alla religiosità popolare della Cabbalah. C’è il misticismo tipico dell’anima russa. E inoltre un richiamo, forse un po’ sfocato, allo “spirito”, al lato invisibile delle cose, da cui l’artista si sentiva attratto. La sua tendenza alla spiritualità muta la rappresentazione del mondo concreto in un universo pittorico unico: e vive sulle tele una “realtà” senza peso intrisa, oltre che di sogno, di mistero religioso. Apollinaire definì “soprannaturale” la pittura di Chagall.

Perché volare. Credo lo stesso artista abbia detto che l’amore rende capaci di volare e che lui ha dipinto i suoi personaggi “in cielo” perché erano come inquilini senza casa sulla terra. Belle spiegazioni razionali che danno un senso ad una rappresentazione. Ma l’arte è solo rappresentazione?

Si potrebbe dire altrettanto legittimamente che i personaggi galleggiano come nell’immaginario popolare “volano” le anime e gli angeli. O anche, ritornando allo stesso Chagall, che “La pittura è uno stato d’animo”. Ma forse non serve che i pittori parlino d’arte. E paradossalmente neanche gli storici dell’arte dovrebbero tentare di spiegarla. Perché l’arte non risponde ai “perché”.

E allora cos’è l’arte di Chagall? È una magia. Forse uno stato di grazia che concede a pochi privilegiati il mestiere di Dio. E Dio doveva intendersene di colori, a giudicare dai dipinti di questo artista. Più che le sue figure e i suoi temi un po’ ripetitivi, sono i colori che non smettono di galleggiare davanti ai nostri occhi: un caleidoscopio senza fine. Un’ossessione positiva, una sorpresa gioiosa, che lascia una traccia squillante, come può venire da un pittore felice.

61dYz46BFiL._AC_

web_zurich_sightseeing_kirchenfenster_fraumunster_marc_chagall_01

Ma non sempre felice: Chagall conobbe la depressione. Dopo la morte di Bella Rosenfeld, sua moglie, ispiratrice e compagna di vita per moltissimi anni, si spegne nella mente dell’artista la voglia di distribuire immagini di cielo notturno, di immensi uccelli blu e di angeli acrobati. La realtà, quella vera e inconciliabile col sogno, lo spezza e lo ammutolisce. Poi, dopo un anno, il suo temperamento appassionato avrà la meglio. E di nuovo riprenderà la sua narrazione: la favola, l’infanzia, l’amore. Su tutto una sorta di divinità pervasiva, priva di rigore e di vendetta. Una realtà consolante e surreale.

6

8

Tra le sue opere mi piace ricordare certe immagini, come quella famosissima, (“La passeggiata”), in cui l’innamorato porta a spasso per i cieli di Parigi la sua ragazza, come un aquilone, come un palloncino leggero, come una bandiera viola. Un ideale che sogna un ideale.

39

Anna Murabito      annamurabito2@gmail.com

CHAGALLultima modifica: 2021-07-15T21:08:42+02:00da helvalida
Reposta per primo quest’articolo

10 pensieri su “CHAGALL

  1. Pittura, letteratura, musica, storia, umanità e tanto amore… cosa manca a questa miracolosa esposizione di un fenomeno come Chagall? Uno degli scritti più ricchi e profondi della straordinaria Anna Murabito. Ci meravigliamo che questa meraviglia non faccia parte di qualche silloge nazionale di scritti critici. Quello che colpisce maggiormente nell’ampia redazione è l’acutezza dello sguardo della Autrice che riesce a scoprire segni e significati nascosti ai più. Una sensibilità fuori dell’ordinario è sostenuta da una cultura totale e da un amore sconfinato per il bello. Ho parlato dell’Autrice, non posso parlare dello scritto: va soltanto letto e ammirato. “E allora cos’è l’arte di Chagall? È una magia”. Ecco.

  2. Alida, dopo aver letto un saggio cosi’ pregevole ora ti vedo galleggiare nell’aria, come un personaggio di Chagall. Sei un sogno, un essere superiore al quale inchinarsi. Non avevo mai letto una descrizione cosi’ sensibile di Chagall. Questo scritto ha ulteriormente nobilitato (se ancora ce ne fosse bisogno) il tuo blog.

    • Commento sfavillante che non posso prendere del tutto sul serio anche perché ho paura dell’altezza. 🙂

  3. Cara Anna, in effetti le tue recensioni sono molto belle perché risentono della tua natura di poetessa. In questo senso e per questa tua predisposizione, potresti affrontare anche altri temi culturali. Un saluto a tutti.

  4. Pollice in su!
    Bello l’articolo su Cezanne e bello anche quello su Chagall.Un pittore, quest’ultimo, che, secondo me, si ama maggiormente quando si è sui vent’anni e si ha il cuore pieno di amore e tenerezza. Ah l’Amour…! A me piace ancora. Mi fanno sorridere soprattutto i suoi ‘Notturni’.

    Linko il post sui miei networks, come si dice.

    • Grazie a “pietro dalla baviera”, sempre pronto a sostenermi. Non ho scritto niente su Cézanne. Finora, almeno. 🙂
      Un pensiero solidale per gli attuali drammi della Germania.

  5. Sento crescere la mia ammirazione per te ogni volta che ti leggo, e anche quando parliamo. E’ stato sempre così fin dall’inizio, tanti anni fa. Il tuo registro è sempre raffinato, sia che tu scriva poesie, racconti, critiche, resoconti di viaggi o altro che non dico…Ed è come se tu sapessi che chi ti legge è raffinato e dunque capirà e gusterà. Mi chiedo come possa passare inosservato tanto talento. Faccio il tifo per te, carissima Alida. Spero che tu possa essere apprezzata sempre di più, e non soltanto da chi ti conosce da tanto tempo.
    Santuzza.

    • Grazie per le bellissime parole, cara Santuzza. Io non so mai rispondere. Quanto all’apprezzamento degli “altri”, di quelli che non mi conoscono personalmente, mi importa sempre di meno. Rimaniamo in pochi … ma buoni. 🙂

I commenti sono chiusi.