ELEGIA

0eadd2944482b45ca73188d8121148f9

9cf7b9ccf76c975b0a25d6e2337a017a

32b77bbdae7288861c20cacb9e95f73b

di Anna Murabito

Mi sono preparata. Come ogni anno l’autunno è un evento che non mi coglie di sorpresa. Lo aspetto, lo scruto, lo annuso nell’aria.

Da bambina le monache ci facevano fare gli “esercizi spirituali” durante la Settimana Santa, per prepararci alla Pasqua. L’ultimo giorno, il Venerdì, l’intero orario delle lezioni era dedicato alla meditazione e al silenzio. Attività strane, se non del tutto incomprensibili per ragazzine di dieci anni. Ci era consentito stare all’aperto e leggere, passeggiando, le biografie – considerate edificanti – di santi e sante. Potevamo camminare con la compagna di banco o l’amica preferita ma era rigorosamente vietato tenersi per mano. Allora non capivo perché. In effetti le vite dei santi mi sembravano assai poco edificanti: erano noiose, morbose. Soprattutto noiose, non conoscendo bene il significato del secondo aggettivo. In quelle letture percepivo vagamente – come un alito sgradevole – qualcosa di sbagliato da cui tenersi a distanza.

Oggi, senza i lacciuoli dell’obbligo religioso, posso prepararmi come voglio al mio argomento preferito. Persino con la meditazione. Anche se non riesco a considerarla un’attività da sottolineare, dal momento che per riflettere non c’è bisogno del silenzio, della mutria o di speciali riti propiziatori.  

Ho appena finito la mia decima poesia sull’autunno e mi chiedo se non sia una mania. Ho dedicato all’autunno più poesie che all’amore. Forse le merita: torna ogni anno ed è prodigo; l’amore invece spesso si nasconde, si dilegua e rincorrerlo è faticoso. A volte quasi mi vergogno e mi dico che è l’ultima volta. Come un giocatore d’azzardo o un bevitore. Mi sento ingenuamente trasgressiva, simile al ragazzino “peccatore” che teme oscure punizioni, non esclusa la cecità, ma non sa resistere. Ritorna la grande ombra – per fortuna solo un cattivo ricordo – di Santa Madre Chiesa.

Non comprendo bene il perché di questo retrogusto vagamente inquietante. Essere innamorata dell’autunno non è peccato, non è un atteggiamento nocivo per chicchessia e inoltre la mia salute mentale riguarda solo me. Ho la coazione dell’autunno: e allora? Invece qualcuno mi ha persino detto: “Ora basta, è così bella la primavera!” La primavera. Quando il verde sembra sul punto di esplodere dai muri e dalle pietre. Viene voglia di chiedersi: che cosa festeggiamo?

Certo sono un po’ “interessata” ai suoi doni: nessuno è ricco come l’autunno, neanche Creso. Possiede gli umori del cielo e tutta la gamma dei colori. Ogni anno seguo i suoi giorni con la meraviglia sempre nuova del bambino che ha trovato un’immensa enciclopedia illustrata; come un adulto che cerchi, lungo un sentiero di campagna, itinerari dell’anima. Come chi ami la vertigine dell’infinito.

Forse per questa sua ricchezza ho scritto dieci poesie sull’autunno e non ho detto niente di nuovo. Prevalgono le immagini di sempre: lo sconforto per la luce che manca, le ferite del tempo, la condivisione di un sentimento di sconfitta. Mi ferisce la bellezza pittorica del paesaggio, soprattutto quella dei primi passi dell’autunno quando la realtà si muove lenta in una sorta di stupore dorato, in un abbandono dolente alla bugia dell’eternità. Quando il blu tenue del cielo si cristallizza e le strade ancora assolate, ferme in posa, partecipano alla rappresentazione.

Già in ottobre la vite americana vira dal verde al rosso, fino ad un delirio di cremisi e bordeaux. I colori dilagano, senza limiti. Invadono il mondo con una frenesia aliena e dionisiaca.

C’è anche una bellezza più nascosta. Gli ultimi riflessi perlacei della luce agonizzante. Le imprevedibili tonalità del mastice, del fango, del giallo senape nelle gore morte, nei pantani ignorati, nelle pozzanghere soffocate. E c’è la nebbia: a volte dura, nemica; a volte una carezza di velo. La promessa di una scoperta intima, un miraggio fatato.

È difficile scrivere in prosa dell’autunno. Ma in poesia ci sono da temere  sempre le rimasticature e la propria inadeguatezza. A volte quelle immagini che sembravano folgoranti poi risultano goffe e artificiose. Ci vorrebbe un Titano scrittore. Un Mozart della poesia. Bisognerebbe abbandonare tutte le raffinatezze emozionali ed espressive ed arrivare all’osso, parlare del muschio che avanza, del rumore della pioggia, dei rimpianti. Come quando si lascia un albergo a cinque stelle per continuare il viaggio in tenda. Bisognerebbe arrivare alla purezza di Alcmane.

Anche con le immagini bisogna fare una selezione durissima: migliaia di fotografie da setacciare, per salvarne solo alcune. L’autunno, come tutte le cose veramente sacre, non tollera il luogo comune e l’edonismo. Non tollera la Madonna con gli occhi rovesciati nell’estasi divina e il manto di un azzurro qualunque: ci vuole Raffaello.

L’autunno non è una stagione, è una catastrofe. Si può anche fare a meno di parlare di muschio e di nebbia. Veramente essenziale è solo la morte e il dolore senza consolazione legato ad essa. Ecco perché i colori gridano: sanno che il loro tempo è finito. Prima ho invocato Mozart come massima potenza compositiva, e Mozart va bene per tutto. Ma ci sono anche gli specialisti del dolore: Schumann, Beethoven, Čajkovskij. Mahler. Loro sanno parlare dell’autunno.

Anna Murabito      annamurabito2@gmail.com

0eec1981084572934c81887a69a3629d0fcf70d5ef84d47f49ad5273e21853d51d4aa853ab8d1d12b6302e7f47a527011d23e74bf87cafd70211ac10cd589a7c

8f5566bb4bd87b6fe942aef51729ac7f9b5a5733b60fd218ae0d83d084774c30

2d01e8c67cf80fef3cfe114c45539aee2d10b0d1dde678f5b20e81ac08fa98604fc7c8c8e5474af9ae7717887cb53fe505ba0646b675ad1ca56e3e40ac3880d55a5f6fb6554b1409048bb3c11f24ef276eb2d79ce5f3f2a6c0075741e7c3f06c7bf60af5aa6df3a1b013716a5c09e1f87da1f31f09f0d34005365a6e624298248a131beb80e8c12799e2489d3adaa842

56220dee9c854613bd7bc02f919f69eefab5ac566116ad5cde3b9c65de53ef8b

8e054dce9636b822299519a6d5171989

64d0297c8d09708d31e0afe3c5c43a61

37e122dfe837ebf4eb4822800ec7757f40d3f361a67a98a782a7f453c63c1c1d (2)0cab46a3e2fbab9ba375e5c10cd3b53767b0026b5e857dc0e9534e0e448f968089e6fcbb3dbcc93454d4f11067a7d245111cabb3179280e0cad3e2cfa3c92fde665e4928f5d10ec4475a346986e87856f960a7eac55193a86bd507adc62b8e05fadc836e6e6e11344b20d049c3dbd7a0ff3b614a3db2d6a73f215ac6515d82da494f279f5743bf608f64391cb1418c7b

ELEGIAultima modifica: 2022-10-29T15:45:40+02:00da helvalida
Reposta per primo quest’articolo

4 pensieri su “ELEGIA

  1. Ecco dove ti eri nascosta! Per produrre questo piccolo capolavoro, di parole ed immagini.
    Comunque abbiamo due concezioni diverse dell’autunno. Per me e’ il tempo del raccolto. Io sono nato in Ottobre, con l’odore del mosto nelle narici. Ed e’ un odore di vita, di godimento. Bacco e’ il mio dio.
    Il tuo autunno, nonostante i suoi colori squillanti, e’ foriero di tristezza, di morte. E’ vero, con l’autunno la luce comincia a mancare, la morte della natura si avvicina. Ma per me e’ un morire trionfale, in bellezza.

  2. Per Nicola: una delle dieci.

    Corrono innocenti, i giorni.
    Il primo autunno
    è il vento dorato
    il profumo di terra
    i colori
    degli alberi grondanti.
    Bacco, ancora bambino,
    guarda curioso i grappoli
    li esplora con le mani.
    Il primo autunno
    è il vino immaginato.
    …..

I commenti sono chiusi.