UNA POESIA

di Anna Murabito

TRA VEGLIA E SONNO

Amore Chagall 2

“Le mie mani
non arrivavano a toccarti,
si smarriva il sorriso
lungo la traiettoria
del tuo sguardo.
Una sabbia di morte
mi invadeva il respiro.
La voce non usciva
e ti perdevo”.
Così ti raccontavo,
con le stesse parole
frastagliate e lontane
che percorrono i sogni.
E un disagio ancora
mi scorreva addosso,
acuto,
come una pioggia d’aghi.
Mi ascoltavi supino
con gli occhi chiusi
ed il respiro calmo:
“Non badare ai sogni”
sembravi dire.
Ora dormi
ed io, tra veglia e sonno,
nell’ansa delle tue braccia
abbandonate sul mio corpo
cerco come ogni sera
una risposta mite
ma le braccia nel buio
divengono spire.
Sono nere le rose
in fondo al pozzo.
Rose decapitate
mi sfuggono di mano.
Tu dormi
mentre esplodono le ore
scandite dall’antico pendolo.
Di nuovo ragnatele mi costringono
in pozzanghere viola.
Scorre l’acqua del fiume
e porta l’ambra
la giada ed il rubino;
mi seduce con parole antiche
e melodie
che si avvinghiano
alle radici arcane della vita,
mi trova
dove i pensieri si nascondono.
E precipito infine
in una pania di fiele
e d’amore.
Cosa dicono i sogni?
So che nascondono lame
so che abbattono torri.
Ed io ho paura di sognare
paura
di non poterti amare
di vivere ancora
l’aspro sgomento
di non riconoscerti
di sentire le tue braccia
divenire spire.

Anna Murabito     

alimarbit@yaooh.com

UNA POESIAultima modifica: 2021-02-17T17:58:33+01:00da helvalida
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3 pensieri su “UNA POESIA

  1. Buon giorno, mia carissima Alida.
    Devo confessare che ho faticato molto a ritrovarti e a ritrovarmi in questa tua composizione poetica.
    Io, che amo tanto la tua poesia limpida e la tua prosa armoniosa, fino a farmene rifugio nei momenti bui, stentavo a capire.
    E tuttavia essa aveva il pregio di stimolarmi, di indurmi a mettere per iscritto un pensiero.
    Il pensiero è questo: “Se da essa emerge un tuo disagio, enorme disagio, che si spinge fino a chiamare “SPIRE” le braccia di qualcuno, ciò vuol dire che non si deve permettere a nessuno che la nostra felicità dipenda da altri piuttosto che da noi stessi”. Antico aforisma, che risuona possente.
    E finalmente ho capito. Tu hai descritto la mancanza di libertà. Questa composizione è un singulto, la risposta inconscia alla libertà perduta.
    Santuzza.

    • Carissima Santuzza, la poesia non va spiegata ed ogni interpretazione è legittima. Dunque anche la tua, molto gradita e in qualche misura “competente”, dato che ti interessi di psicoanalisi.
      Permetti anche a me un’altra interpretazione, come se fossi una qualsiasi lettrice.
      L’autrice vuole descrivere quel momento in cui ci si sveglia dopo un incubo, ma si è ancora preda di esso. In quel sogno malefico l’uomo che le sta vicino era diventato un irraggiungibile sconosciuto. La donna cerca di acquietarsi ma, in quel lasso di tempo confuso e misterioso che intercorre tra la veglia e il sonno, sembra precipitare in un altro incubo: le braccia del suo uomo divengono “spire”, non le spire del boa costrictor, ma di un serpente qualsiasi, uno dei tanti “mostri” che possono popolare i sogni. La donna non si sente costretta o privata della sua libertà; teme dal sogno la smentita della sua realtà positiva. Infatti parla di “aspro sgomento” di non riconoscere l’amato.
      Comunque in una poesia le chiavi di lettura sono molte e il senso preciso rimane opinabile, come dicevo all’inizio.
      Grazie infinite.

  2. Amore, il più distante dalle distratte occupazioni del vivere quotidiano, il più profondo e radicato motore della vita stessa. L’assenza di cibo fa morire il corpo, l’assenza d’amore fa morire l’anima. Entrambi gli elementi sono, fino alla dissoluzione. Anna Murabito lo sa e ce lo dice con perle di luce, le sue parole.

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