PENSIERI DA LOCKDOWN 5

NON BASTA IL SOLE

di Gianni Pardo

Tanto per citare la cara Sandra Mondaini: “Che noia, che barba, che barba, che noia!” I giornali somigliano agli àuguri e agli aruspici, condannati per mestiere a predire il futuro, e dunque condannati a sbagliare. Perché quello è un mestiere che non può esistere. In questo è il contrario della prostituzione, un mestiere che non può non esistere.

Come ce la caveremo con la pandemia, con i vaccini, con i fallimenti, con i licenziamenti, con le tasse, col debito pubblico? Tutti i grandi editorialisti rispondono a queste domande e, come tutti gli aruspici, non conoscono le risposte. Non bisogna fargliene una colpa: è la gente, siamo tutti noi che continuiamo a chiedere che futuro ci aspetta. Non solo crediamo ingenuamente che qualcuno possa dircelo, ma crediamo perfino che qualcuno possa indirizzare la storia nella direzione giusta. E ambedue le cose sono tutt’altro che verosimili.

Fuori dal balcone un sole placido inonda e bacia il giardino, il cielo è azzurro e la Terra continua a girare. Forse non tutti saremo ancora vivi, ma certo questo brutto momento passerà. Il punto è che il sole che bacia il giardino non impedisce che dei malati di cancro muoiano sapendo di morire; che dei padri di famiglia si disperino non sapendo che cosa dare da mangiare ai loro figli; che l’ignoranza che già prima dilagava malgrado la finta scuola, ora sommerga tutto, dal momento che dobbiamo fare a meno anche della finta scuola. No, non basta il sole. Si soffre anche nelle giornate più splendide e il mare dai mille sorrisi di cui parlava Omero è lo stesso che fa morire di freddo e annegare i naufraghi.

Non sto reinventando il Dies Irae, e non sto parlando della fine del mondo. Dico soltanto che se, nel suo complesso, il Mondo andrà avanti malgrado la pandemia, nessuno asciugherà le lacrime di coloro che questo momento pagheranno di persona. E molto caro.

In realtà, avendo già fatto la mia vita – e per giunta niente male, per uno che voleva “vivere nascosto”, secondo il consiglio di Epicuro – mi sento un disertore. Da pensionato, non ho perso un euro e neanche un minuto di sonno per l’angoscia del domani. Ho vissuto gli anni della pace, dei viaggi, della libertà, della spensieratezza. Una spensieratezza prodiga e criminale, se si vuole, ma cui si è stati addirittura obbligati, perché chi ne parlava male era visto come un menagramo.

Noi anziani lasciamo ai giovani un mondo di cartapesta, di facciate che nascondono il marcio, senza neanche avergli insegnato a resistere e costruire. E quando se ne accorgeranno non ci troveranno più, neanche per rimproverarci le nostre colpe. La pace ci ha dato alla testa, ci siamo ubriacati di prosperità e buonismo, e lasceremo un’infinità di bollette non pagate.

Nella storia va come nella politica. Prima c’è un periodo in cui la virtù accumula, poi c’è un periodo in cui il vizio sperpera, e poi, per forza di cose, ci deve essere di nuovo un periodo in cui si pagano i conti e per ricostruire si consuma meno di quel che si produce.

In fondo, è un bene che i giovani non siano sempre giovani e i vecchi sempre vecchi. Non sono classi contrapposte, sono le stesse persone in momenti diversi. La maggior parte delle volte, artefici del proprio destino. “Si dorme come ci si è fatto il letto”. Faber est suae quisque fortunae. E per il resto la lotteria premia e castiga a caso.

Gianni Pardo     giannipardo1@gmail.com

PENSIERI DA LOCKDOWN 5ultima modifica: 2021-03-07T10:25:40+01:00da helvalida
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Un pensiero su “PENSIERI DA LOCKDOWN 5

  1. Belle e giuste le sue riflessioni, soprattutto in rapporto ai “pensionati”. Ma non condividio appieno le sue critiche sugli editorialisti, quasi intendendo che “i giornali” trattano solo di questo: ma no, quelli più “ricchi” trattano anche di altro, di Sanremo, di musica, di arte, di Paesi lontani e vicini, di gente felice e di gente infelice… Certo, il futuro condizionato da questo virus e dai suoi figlioli ha una grande importanza mediatica; e all’aruspice saggio conviene essere pessimista, rischiando di meno anche se non piove; a spargere ottimismo ci pensano le industrie del green e dell’ambiente, annusando ricchi affari attraverso al punizione pigouviana degli scettici. Ma è dalla televisione che si rischia la sbornia vaticinatoria, dal circo Barnum di esperti che – prudentemente – si mantengono sul grigio, ma dal chiaro-chiaro allo scuro-scuro, a tutte le ore del giorno. E così, con poca spesa, si riempiono ore di trasmissione. Ma forse costerebbe ancora meno far passare opere teatrali e musicali di anni passati; per il bene della cultura, per la quale ci stracciamo le vesti, noi che in Italia prima ne celebravamo appassionatamente i fasti.
    Ma parlando di pensionati, mi piace tirare in ballo l’angoscia per il destino dei giovani. Bello. Ma mi domando come mai la preferenza vaccinale va a noi vecchi, che, vaccinati, oh finalmente potremo partire per le Bahamas e la Terra del Fuoco; e meglio ancora va per quelli fragili, da allenare per la Stazione Spaziale. Grazie per la considerazione e la gentilezza, troppo buoni. Ma se io e mia moglie, vecchi e con congruo numero di figli e nipotini, volessimo cedere a loro le nostre dosi (affidando il nostro destino alle malattie tumorali e cardiache che allietano le nostre preghiere a divinità inesistenti), ebbene no, non potremmo farlo: possiamo donare gli sterminati nostri capitali, ma non “la fiala”. Quella fiala che consentirebbe ai giovani (“ah, i giovani, la nostra ricchezza!”) di fare una vacanza non dico in quei lontani Paesi ma anche solo ad Agrigento, o a Roccacannuccia; e anche di sgravare l’INPS, volendo restare sul concreto. Devono avere pazienza, loro, mentre noi, rinvigoriti e indenni, continueremo a stare in casa a vedere programmi televisivi che a ogni ora del giorno parlano di Covid. Grazie, siamo felici.

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