PER STRADA

di Anna Murabito

Stamani, sul tardi, sono andata a cercare qualcosa, fuori di casa. La solita primavera, forse, sfidando l’allergia stagionale, dopo un anno e mezzo di malumore color vinaccia.

Per strada ho fatto foto alla cieca nella luce abbacinante. Ho voluto fotografare anche il nespolo, non perché sia un albero particolarmente bello, ma perché è un albero del Sud e mi ricorda l’infanzia. Sono state foto mediocri tutte, sfocate e senz’anima. In  quelle del nespolo, i frutti giallini si confondevano nella massa verde. Tutte cancellate. Non ho molta simpatia per il nespolo. La polpa, sempre un po’ allappante, fa diventare le dita nere e poi per giorni bisogna pulirle col limone. Sempre ho pensato che qualcuno è morto mangiando le nespole: i semi sono grossi e scivolosi e qualche volta sbagliano percorso dirigendosi, veloci ed insensibili, verso la trachea.  Ma queste sono le storie terribili di cui è costellata la vita. Storie ascoltate quando ero bambina e già allora percepite così diversamente da quelle delle streghe. Ho sentito anche di qualcuno a cui una piccola medusa si era fermata in gola, soffocandolo, mentre nuotava nel nostro mite Mediterraneo, in una trasparente giornata estiva. La vita è fatta di cose anche così: non è sufficiente evitare le bucce di banana per non scivolare.

La natura mi è sembrata meno bella di quanto non la ricordassi. Forse un po’ di polvere in più, sabbia del deserto mista a cenere del’Etna che ancora cade dai tetti; poco eleganti mezzi meccanici per lavori pesanti nel garage di una palazzina. Un paio di giornate di sole hanno fatto appassire i petali delicati di molte rose bianche rampicanti. Il mughetto è in parte sfiorito. Già da tempo la mimosa ha deposto la sua gloria. E quasi non ho visto il glicine, quest’anno. Non perché lui non si sia dato da fare.

Prima di uscire ho guardato la mia stufa a vetri, immacolata. Sono due inverni che non la accendo: non ho voglia di intimità glamorous, di quelle divagazioni della fiamma che si addicono a un silenzio morbido e sognante.

Altre volte nella vita mi sono sentita così, ma poi ho messo in ordine i cassetti, ho lucidato l’argenteria, ho piantato il basilico. Ho fatto anche cose più altere e intellettuali, come cercare la perfezione dove potevo trovarla: in qualche “Brandeburghese”, sempre di passaggio a casa mia; in qualche sciarpa di seta con cui ho abbigliato di lusso l’anima di un amico. Mi sono abbarbicata ai pensieri d’amore. Ma oggi gli amici sono stanchi delle mie fantasticherie e anche l’amore comincia ad essere stanco di essere inseguito, quasi perseguitato. Così i cassetti rimangono in disordine, come la mente, e il basilico da solo non basta a fornire il profumo occorrente.

Centoventimila morti: nessun eroismo, nessun monumento, il solito non senso un po’ allargato. Un confuso e mediocre desiderio di normalità: è tutto come prima, soprattutto lo spritz è come prima.

Sono tornata a casa presto, scarmigliata dal vento che qui non manca mai. Ho guardato il cielo di un azzurro ingenuo e due nuvolette sperdute mi hanno quasi spaventata. Che ce ne possa venire un temporale? E poi, chissà, le cavallette, le rane, qualche ignoto verme divoratore, qualcosa a metà tra fantascienza e Dio, entrambi lontani e insignificanti.

I colori mi sono scivolati addosso senza bagnarmi. Mi sono messa al computer grondante di nebbia.  

Anna Murabito     annamurabito2@gmail.com

PER STRADAultima modifica: 2021-05-29T18:04:43+02:00da helvalida
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