UNA RECENSIONE

di PIETRO NIGRO

Parole naufraghe” è il titolo di una raccolta di 54 poesie che la poetessa Anna Murabito di Catania ha fatto stampare nel 2019 dalle Cartiere Fedrigoni in 100 copie, poi ripubblicate in due volumi digitali. La silloge inizia con una prefazione-introduzione della stessa autrice che può essere definita una composizione poetica alla maniera del poeta simbolista francese Arthur Rimbaud autore di una raccolta di poesie in prosa dal titolo Les Illuminations.

La Murabito definisce esauste le sue parole perché hanno perduto la freschezza degli anni giovanili quando ancora le ferite della vita non avevano infierito su di lei. Poi sono diventate naufraghe da cui il titolo della raccolta. Sono parole rimaste nascoste nella sua anima, e poiché ognuna è racchiusa nel suo piccolo mondo non può essere intesa da altri, come l’altero padrone delle parole, “abbarbicato alla sua linea retta”. “Ho fatto cose semplici” dice la poetessa e le ha amate e coccolate. Poi allargando le dita, le ha fatto scivolare via per farle ritornare “dal padrone delle parole”. Quelle parole sono diventate reduci, come dopo una battaglia. Erano ormai parole consumate come ogni cosa nella vita, parole naufraghe che hanno lasciato soltanto il vuoto.

I suoi versi lasciano la bocca amara, colme del pessimismo di esperienze che hanno deluso speranze. Solo nella solitudine ella troverà il conforto vagheggiato implorando “un varco di luce / per guardare quel dio lontano”, e trovare così la quiete. Tipico della sua poesia è il contrasto tra momenti felici e disillusioni. I versi seguenti “All’improvviso un vento duro / e viola di temporale / mi ha reciso il sonno / ha bruciato i miei frutti”, sono espressi con un tale vigore che mostra il pregio della sua forza poetica e la profondità dei suoi sentimenti. Viene cancellato ciò che di positivo avevano apportato quegli avvenimenti cadendo così in un profondo stato di prostrazione.

La sua poesia trae linfa da ciò che di più sublime ha prodotto il genio umano sia in campo letterario che musicale: “Ascolteremo Mozart nel crepuscolo / e lo sgomento diverrà / bellezza”. Anna Murabito ama ciò che nella lirica “E mi avvicino a te senza paura” dà piacere al suo animo desideroso di bellezza, di coerenza, di razionalità. Ma Anna vede un mondo corrotto, privo di sogni, futile, sciocco, e si rifugia nell’utopia. E da qui nasce la sua poesia che meriterebbe una maggiore divulgazione. “Voglio l’irragionevolezza / gentile / dopo l’acciaio della ragione. / Voglio i sentieri di nebbia / le inconsistenze di luce / le conchiglie di vetro / innocenti / dove si sente l’estate / del mare”. Nella poesia successiva “Mi guardo mentre vivo” un fatto personale diventa un fatto universale che travalica la stessa limitatezza propria della vita e penetra in un mondo ignoto, l’infinito. “ … mentre il tempo si ferma. / Resta nell’infinito / lo stupore vivo / di un antico grido.”.

Nel secondo volume, tra le 28 liriche, la prima, “La tua assenza”, rivela il pessimismo della poetessa che ha perso la fiducia in un rapporto con chi prima rappresentava per lei un sicuro timone di comando della propria esistenza. “Quasi ti vedo da lontano / col tuo strascico d’orgoglio / e di sconfitta, / albero stremato … “ Ella non lo sente più vicino come una volta, “La tua assenza / vaga nel mio sguardo, / barca alla deriva / sopra un mare perduto.” Ora che l’illusione è sparita, “ … le stelle sono soltanto / sassi ardenti.

Lo stesso motivo si ripete in “Lontana è l’armonia”, una ripresa del tema dell’assenza. “La tua assenza / spezza la melodia / toglie echi alla voce / sommerge il violoncello.” La nostalgia ha perduto il suo vigore e “continuo a sentirti / … / nel mio respiro / senza risposta.” Il concetto dell’impotenza è presente anche nella poesia successiva, “Supina”. “ … si perde la vita / dissanguata / nelle note di Mahler.”

Il pessimismo della Murabito è avvertito anche nella poesia successiva “A volte il cielo”. Chi vive come me a circa un centinaio di chilometri di distanza dalla città della poetessa, può comprendere il senso profondo dei primi versi della suddetta poesia perché quella situazione l’ho vissuta anch’io. Nei primi versi leggiamo “A volte il cielo / si copre di fango chiaro / e il deserto africano / diviene pulviscolo di pioggia.” Quando soffia il vento da sud, porta la sabbia del deserto africano, che si deposita sulle strade, sulle terrazze, sui tetti creando un irreale effetto di pioggia di sabbia color fango. Di questo fenomeno la poetessa ne fa una metafora della vita; imperversa la pioggia di sabbia che copre il cielo, ma dietro quella coltre che offusca la nostra anima e distrugge le nostre illusioni, c’è sempre il blu del cielo: “nascosto / c’è il blu di sempre / con nuvole in cammino.” C’è la vita, quella meravigliosa cosa che ci restituisce anche solo nel ricordo, e pur nel dolore delle cose perdute, quel vissuto che è dentro di noi e che porteremo sempre con noi, creando come una vita nuova che vivrà per sempre e solo in noi.

In “Un’alba dopo l’altra”, al decimo verso, si riscontra una reminiscenza del teatro di Pirandello, “l’universo indossa le maschere del nostro teatro”. L’essere umano perde la sua peculiare personalità per diventare altro, come risultato della massificazione. Un appiattimento culturale, ora che è privato di quell’anima individuale che lo differenzia dagli altri.

E poi il nulla. In “Ho messo bandiere di vento” la Murabito fa un bilancio della sua vita. Dopo un’esperienza ostile la sua casa come quella del mago Cotrone, detta la villa degli Scalognati, e siamo di nuovo nel mondo pirandelliano, al limite del mondo, agli orli della vita e della realtà, dove per volontà del padrone, spariscono gli orli facendovi entrare l’invisibile, il sogno, quella casa è diventata il non plus ultra dell’esperienza umana. Il giardino è circondato da “bandiere di vento”, e la casa da “bandiere di pianto”. Come dire la fine di un’illusione, di un’utopia, di un sogno. I fiori hanno perduto i loro colori: “ho cercato i colori dei fiori / nel buio. / Ho guardato il mio corpo / deserto. / Ho messo bandiere di oblìo / intorno alla mia vita.” Ma sempre ritorna con forza il ricordo. Per quante disillusioni un essere umano avrà potuto patire, rimane sempre lo spiraglio della speranza, perché si è nati non per patire, ma per vivere; non per morire, ma aggrapparsi alla corda della vita che possa tirarti su fuori dal baratro. Ed ecco i ricordi soavi che risollevano l’animo. “Mi ricorda / i sorrisi melensi, / le note di un’orchestra / di flauti dolci / mentre la mente si affanna / artigliata dallo sgomento.” Ma eternamente presente dopo l’amara esperienza di vita, lo sgomento, lo smarrimento. Bianco e nero, nero e bianco: così è l’esistenza dell’essere umano!

Senza canto è la mia voce / ora che non ci sei. / Solo richiami d’ombra / solo l’aspro tessuto / del silenzio.” In questi versi iniziali vi è tutta la tragedia della vita della poetessa che rimpiange l’amore perduto. Pur non meritando il suo pianto, non rinnega il passato. Non può proprio farci nulla. La sua anima era colma di felicità, ma l’averla perduta ha prostrato tutti i suoi sogni. Merita tanto chi ha distrutto i suoi sogni? Non è questo il problema, è il suo sogno che se n’è andato via. E’ la condizione in cui è venuta a trovarsi, ad abbatterla, in poche parole, è il destino che le è stato avverso. In “Sono lì per terra”, nei versi finali, dice: “Ho spento. / Ho messo la testa sotto le coperte. / Ho chiuso il vento fuori casa.” Così la poetessa cerca di mettere il passato dietro le spalle e dimenticare. Può?

E poi l’ultima vogata dell’ingovernabile naufragio. In “Oggi è stato il vento” la poetessa lenisce con i suoi sereni ricordi i tormenti che l’attanagliano. “E felci infinite lungo strade / oniriche / fari nel mare / come un’apparizione”. Ma la realtà ha il sopravvento: “… poi un freddo improvviso / taglia l’illusione.” La conclusione della sua amara avventura è vicina: “Oggi è stato il vento dell’autunno / con la sua canzone / di nebbia e di rame. / Ha aperto il melograno / sulle alghe putride. (Come una consolazione per un animo devastato) / Ha mescolato il passato. / Ha disegnato la notte.” La notte sarà la dominatrice, lo è stata e lo sarà anche per coloro che non sanno arrendersi ad una infausta realtà e i cui occhi sanno penetrare nelle tenebre di una realtà ignota in un viaggio irreprimibile verso l’infinito.

PIETRO NIGRO 

UNA RECENSIONEultima modifica: 2021-06-02T11:22:43+02:00da helvalida
Reposta per primo quest’articolo

3 pensieri su “UNA RECENSIONE

  1. Gentile Pietro Nigro, (“Gentile Ettore Serra”, ricorda?)
    ricevo la sua recensione e non so come ringraziarla. Non soltanto Lei è stato molto generoso nei giudizi, riguardo alle mie poesie, ma è stato accurato nello studio dei singoli brani, fino a citarli ampiamente nel suo testo. La sua non è stata una recensione tanto per fare piacere all’autore, e tanto per firmare Lei un articolo: la sua è stata un’analisi sistematica ed esauriente. Se qualcuno volesse contestarla si troverebbe dinanzi ad un compito scoraggiante, quello di ripercorrere lo stesso scrupoloso itinerario da Lei seguito.
    Ovviamente – non sarei sincera se non lo dicessi – alcune sue interpretazioni non mi trovano d’accordo. Per esempio, sono meno pessimista e delusa in amore di quanto Lei scriva: come tutte le persone che hanno vissuto intensamente, dell’amore conosco il dolce e l’amaro. Ma, a parte il fatto che Lei motiva adeguatamente la sua impressione, le poesie non sono atti notarili e soprattutto, quando l’espressione è ardua, è in agguato un legittimo effetto polisemico, per cui chi legge può dare alle parole un senso diverso da quello che dava loro l’autore.
    Ma tutto questo è secondario. Essenziale è, per me, essere riuscita, a tanti chilometri ed esperienze di distanza, ad entrare in sintonia con un animo sensibile alla bellezza, all’emozione, a quella misteriosa avventura che è la vita. Credo che non solo le mie, ma le parole di tutti siano “naufraghe”, sopravvissute al tempo ed al dolore. Il titolo più adatto a questi frammenti di vita sarebbe stato “Confesso che ho vissuto”, ma questa brillante espressione se la è già accaparrata qualcuno.
    Per saperne di più su Pietro Nigro:
    http://www.literary.it/ali/dati/autori/nigro_pietro.html

  2. Una recensione degna delle opere che esamina. Ampia, completa, esauriente. Tutta la poteica della Murabito viene individuata ed esposta al godimento del lettore. E’ assai raro che un forte consumatore di letteratura, come pare il Nigro, si soffermi tanto su pubblicazioni poco conosciute e per di più impegnative. L’averlo fatto con tanta acutezza dimostra sia che il Niigro vale quanto io dico sia che l’oggetto esaminato vale l’impegno del recensore. Comunque un grande plauso ad entrambi.

I commenti sono chiusi.