L’AMORE TENACE

L’AMORE TENACE

una poesia di Anna Murabito

Mentre respiri
l’acqua con il sale
e guardi
la poltiglia della vita
verdeggiare a distesa
con le alghe putride,
all’improvviso
la tua voce roca
si fa sussurro
ed evoca
l’Amore.
Apre alla vista
il patio prezioso d’ombra
nel sole doloroso del meriggio
e la ragazza
seduta su un gradino,
tra le piante,
diviene ninfa.
Tende di lino bianco
danzano al vento
celando dimore
dove la luce vince
sulle persiane chiuse
nella lentezza
dei pomeriggi eterni
dell’estate,
e la tua voce insegue il movimento
di un’onda chiara
dentro la sottoveste.
Poi risale nel tempo
a percorrere
cammini d’avventura
baci inventati
e sigarette
fumate di nascosto.
Quando il guscio della vita
vellutato e acidulo
come mandorla verde
bianco
come barca di carta
cullava promesse
lucide di sogni in armi
appena nati.
Tenace, l’Amore
ruba il tempo
al silenzio
ruba lo spazio
al deserto
e insinua note di magnolia
nel miraggio
di trofei di pesche
ed uva bianca.

Anna Murabito      annamurabito2@gmail.com

L’AMORE TENACEultima modifica: 2021-09-12T16:40:13+02:00da helvalida
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6 pensieri su “L’AMORE TENACE

  1. Questo Inno all’Amore dà spazio alla Fede, apre il cuore alla Speranza , invita alla Carità.
    Rileggendo questa poesia, ho respirato le tre Virtù Teologali che mi sono rimaste impresse dall’infanzia, mi hanno sostenuta e mi sostengono “nel sole doloroso del meriggio” e fanno parte del bagaglio di ottimismo che mi ha lasciato in eredità la religione cattolica.
    Grazie, Alida.
    Santuzza

    • Conclusioni inattese per una poesia pagana, a riprova della magica anfibologia delle parole.
      Grazie infinite, Santuzza.

  2. “… la poltiglia della vita…” “… alghe putride…” Si direbbe quasi il quadro simbolico della mia vita attuale, della quale comunque molti non si lamenterebbero affatto e, anzi, vedrebbero in essa più il “verdeggiare” che la “poltiglia”. Spesso è questione non solo di angolazione ottica ma anche di vedute personali, e se l’amore spesso (come nelle poesie di Anna Murabito) fa dolcemente male, è da ritenersi una sofferenza necessaria, è un vicendevole prendersi con ardore non lucidamente bensì come in “sogno senza pensiero” (parole che si leggono in un altro componimento), per concretizzarsi e diventare vero solo quando lo spazio, la distanza tra i due amanti si accresce, è possibile pure che ci si possa approcciare all’estremo sonno con un sorriso, avendo immagazzinati nella memoria non solo la voce e forse gli occhi di chi ci fu vicino, ma anche un rotolio di frutta e fiori, un distendersi di meriggi, un insieme di chiazze di luce e ombre geometriche, cose che una volta furono cornice e non essenza delle nostre relazioni.
    È diverso amarsi in un’isola del Mediterraneo che – poniamo – vicino al Circolo Polare Artico. In una parte c’è l’uva succosa, c’è la mitezza dietro alle persiane chiuse a consolarci, in casi estremi; nell’altra un vuoto e una desolazione che rispecchiano quello dell’anima, la smorfia scontenta dentro e fuori i muri.
    Si leggono volentieri le poesie di A.M. anche per via della ricchezza degli oggetti di scena e per la varietà floreale. Credo, in questo senso, che il lettore ideale di tali versi possa essere identificato in qualcuno che vive in un Paese Scandinavo, nel deserto del Kalahari o all’interno di un veicolo cosmico.

    • Anche a Peter, amico caro e schivo, voglio dedicare una poesia tratta da “Parole Naufraghe”.
      http://zerovirgolaniente.blogspot.com/2019/12/le-parole-naufraghe-di-anna-murabito.html

      IL SOGNO
      Voglio l’irragionevolezza
      gentile
      dopo l’acciaio della ragione.
      Voglio i sentieri di nebbia
      le inconsistenze di luce
      le conchiglie di vetro
      innocenti
      dove si sente l’estate
      del mare.
      Il muschio trasparente di rugiada
      e granelli di fuoco
      minuti come sabbia
      a sciogliere il mistero
      della notte.
      Regioni immaginarie
      dove l’ombra e la luce
      non combattono.
      Voglio il sogno
      che ignora il pianto.
      Il sole entra nel mare
      ed esce luna
      poi di nuovo fiammeggia
      di corallo
      e di nuovo si spegne
      per levarsi
      in un chiarore denso
      di magnolia al neon,
      un ondeggiare d’arancio
      e di perla
      un inseguirsi
      di Caikovskij e Mahler
      dove le note non finiscono
      e pervadono il tempo
      mentre un tremore di cristallo fuso
      vibra nel corpo
      e ricorda l’amore.
      Voglio il sogno
      indulgente
      con larghi viali d’ombra
      e di perdono,
      il sogno ampio e irriverente
      disorientato
      dagli orli indefiniti,
      quasi un ritorno a casa.
      Il sogno senza pensiero
      e senza peso
      dai margini sfrangiati
      come ali d’angelo,
      come vaporose vie di fuga
      perse in un nulla
      carezzevole,
      un’aquila
      di fumo e di poesia
      a raggiungere nuvole
      belle per sempre
      nel cielo di diamante.
      Questo voglio,
      non la stretta, tagliente,
      decorosa armonia
      della ragione.

      A Peter Patti, 23 settembre 2021
      Anna Murabito

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